Con una Gara 3 da 27 punti in appena 22 minuti, la guardia canadese si è preso la scena delle NBA Finals 2025. Il 22enne ha mostrato lampi di grandezza da predestinato, al pari di leggende come Kobe e LeBron
Riccardo Pratesi
16 giugno - 19:16 - MILANO
Astro nascente o meteora? Bennedict Mathurin, la guardia canadese degli Indiana Pacers, è la wild card che può scombinare i rapporti di forza delle Finals 2025. Il 22enne di Montreal ha giocato una Gara 3 da favola, da 27 punti, determinante per il successo di Indy su Oklahoma City, per il 2-1 nella serie. Poi però ha fallito la prova del nove, toppando fragorosamente Gara 4 nella quale ha segnato appena 8 punti e ne ha combinate di tutti i colori in volata, sbagliando tre tiri liberi e commettendo due falli, in successione, prima che gli avversari rimettessero la palla in gioco. Roba da Candid Camera. Conseguenza: serie sul 2-2 al ritorno in Oklahoma. Picchi vertiginosi e picchiate da brividi sono un classico del ragazzone da Arizona University, talento scintillante, ma incostante e problematico. Quale versione di Mathurin vedremo in Gara 5 in programma stanotte, dalle 2.30 di martedì orario italiano?

Solo altri cinque giocatori dal 1976 a oggi avevano saputo segnare entro i 22 anni almeno 25 punti in una partita delle Finals. Sentite i nomi: Magic Johnson, Kobe Bryant, Tony Parker, LeBron James e Kawhi Leonard. Capito? Lui oltretutto li ha realizzati tirando 9/12 dal campo e 7/8 dalla lunetta. Quando Mathurin tira fuori il meglio Indy se la può davvero giocare, pur contro pronostico, con Oklahoma City, può sperare di mettere le mani sul Larry O’Brien Trophy. Perché se il canadese si mette a segnare come sa fare la coperta diventa troppo corta persino per i Thunder che pure hanno Lu Dort e Jalen Williams come difensori All Nba e Alex Caruso da ulteriore specialista. Però Haliburton, Siakam, Nembhard, McConnell più Mathurin: diventano tanti i realizzatori da neutralizzare se il cavallo pazzo tiene il pulsante sull’ON, resta acceso. Realizzatore da 16 punti di media in stagione regolare.

Il problema principale di Mathurin sono i black-out. Si spegne la luce lassù in mansarda, fa buio d’improvviso. In Gara 4 sul -4 con 23” da giocare ha sbagliato due tiri liberi consecutivi – e li tira con l’83% di media - poi ha commesso un fallo assurdo prima che i Thunder rimettessero, regalando loro un tiro libero, quindi ha fatto 1/2 in lunetta e un altro fallo prima che la palla fosse rimessa in gioco. Imbarazzante, persino. In pratica in volata ha giocato per Oklahoma City, chiudendo la partita a favore degli ospiti, alla Gainbridge Feldhouse di Indianapolis. Rick Carlisle, il 65enne allenatore di Indy, che a Dallas nell’era Nowitzki ha vinto un titolo proprio grazie a un super realizzatore in uscita dalla sua panchina, a Jason Terry, decisivo alle Finals 2011 contro Miami, usa il bilancino con Mathurin, come minutaggio. E alterna il bastone e la carota, come atteggiamento. Non è facile gestirlo. Per niente.

Una partita bene e una male. Un colpo d fenomeno e un “colpo di testa”. Ne ha combinate già parecchie Mathurin. Commesso un paio di peccati mortali, di quelli per i quali non è facile dare l’assoluzione. A gennaio contro Cleveland dopo un evidente fallo su Evan Mobley ha protestato in modo sguaiato con l’arbitro Natalie Sago, arrivando al contatto fisico, rifilandole una mezza spallata. Secondo fallo tecnico inevitabile e conseguente espulsione. Un peccato di gioventù, direte. Ok, poi però c’è ricascato. Durante i playoff. Ancora contro i Cavaliers, nella serie di 2° turno. In Gara 4 ha sferrato un cazzotto al costato a De’Andre Hunter, un tipo tranquillo che di solito non si mette nei guai. E che l’ha presa male: l’ha scaraventato per terra. Gli arbitri hanno espulso Mathurin per premeditazione e violenza del gesto che ha scatenato la reazione di Hunter, punito con un fallo tecnico. Ben deve mettere la testa a posto per imporsi come stella Nba. Per adesso è una variabile indecifrabile.

Mathurin di punti nelle mani ne ha tanti. Sempre e comunque. Non dipende da come viene difeso dagli avversari. Dipende da lui, da come scende dal letto. Normale che un 22enne non abbia la costanza di rendimento di talenti più maturi, fa parte del percorso di crescita. È stato inserito nel primo quintetto delle migliori matricole al primo anno Nba, da chiamata n.6 del Draft 2022. Ha avuto un impatto immediato, segnava 16.7 punti per partita allora, il massimo di media nel suo triennio. Ma un conto è segnarne 16.7 per una squadra allora con record perdente, un altro 16.1 questa stagione per una squadra da finale. A modo suo – un passo avanti e uno indietro, un passo avanti e uno falso – Mathurin è cresciuto. I giocatori di ruolo ai playoff di solito si esaltano solo occasionalmente e in casa. Per lui non è un problema di arena, semmai di trovare ritmo e fiducia, poi il resto viene da sé. Quando pasticcia tende ad andare in tilt. Però nonostante quella Gara 4 storta come la torre di Pisa Mathurin è temuto dagli avversari. Le sue parole post Gara 3 riecheggeranno come preveggenti dopo la sfida di stanotte? “Vivo un sogno e voglio assicurarmi che finisca bene, vincendo il titolo…”. I Thunder sono avvisati.