L’argentino rilancia dopo la Champions: "Ancora non mi spiego quel ko, ma siamo l'Inter e dobbiamo voltare pagina. Ai compagni ho chiesto di essere forti di testa, ho spiegato che negli Usa serve un ultimo sforzo prima delle vacanze"
dal nostro inviato Davide Stoppini
17 giugno - 00:11 - LOS ANGELES (STATI UNITI)
C'è quello che si dovrebbe fare. E poi c’è quello che uno riesce a fare. Lautaro è sospeso lì, tra queste due vie, mentre arriva al campo della Ucla passando in mezzo a bambini e ragazzi che urlano il suo nome. Ha il sorriso in volto. Ma l’occhio tradisce una buona dose di malinconia. È sempre lo stesso, il capitano. È lui che prima sussurra "dobbiamo voltare pagina e non pensare a quello è successo" e poi dice "non mi spiego come sia stato possibile perdere in quella maniera un’opportunità così grande". Di fatto: rimozione non riuscita, roba buona per gli psicologi. Una cosa colpisce: Lautaro non cita mai Monaco. Mai la parola 'finale'. Mai il Psg. Tutto viene sintetizzato in "quello che è successo". Perché anche nominarlo fa male, quel 5-0.
Io e Cristian
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Ma prima o poi la delusione finisce o no? Ecco allora l’altro Lautaro. Che due cose ha proprio voglia di dirle. La prima sul nuovo allenatore: "Ci siamo sentiti al telefono, ancora prima di trovarlo qui. Abbiamo parlato a lungo, mi ha raccontato le sue idee di lavoro. E mi piacciono, mi trova d’accordo, la pensiamo alla stessa maniera. Ho capito e visto in lui la voglia di vincere, è un uomo che la mia stessa mentalità". Non un cattivo modo per approcciarsi al quarto tecnico della sua storia all’Inter, dopo Spalletti, Conte e Inzaghi. L’altro messaggio è da capitano puro. Perché il Toro ci tiene a far sapere: "Come Chivu, anche io ho parlato con i miei compagni. E ho chiesto loro di essere forti di testa, ho spiegato che serve un ultimo sforzo prima di andare in vacanza, un ultimo pezzettino di strada da percorrere per continuare a crescere". Ecco: qui la rimozione sembra più riuscita. Qui c’è la voglia del campione di riprendersi il campo. Da Monaco in poi è di fatto sparito. Zero minuti in due partite con la Seleccion, anche il commissario tecnico Scaloni l’ha visto scarico sotto ogni profilo: "Ero triste, difficile andare a fondo sui motivi, io ci ho messo 5-6 giorni a parlare, volevo spiegare alla mia gente. Quella notte non ci è riuscito niente e a loro tutto: non siamo stati noi, non siamo stati squadra. È il calcio. E ora però dobbiamo andare avanti, non c’è altra possibilità, anche se nella testa certo resta tutto".
In alto
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La sensazione, mentre corre e sbuffa tra i laureandi della Ucla, è che in qualche modo il nuovo corso intrighi Lautaro. "È importante respirare un po’ di aria fresca - dice riferendosi al cambio in panchina -. È bello fare cose diverse con il nuovo allenatore, anche se i concetti non sono poi così diversi da Inzaghi. Però qualcosa cambierà, soprattutto sul pressing durante le partite. È ancora presto, è passato poco tempo ma stiamo lavorando per questo. Sarà fondamentale per noi capire in fretta quel che ci chiede Chivu". Anche perché c’è un Mondiale per Club da onorare: "Ho la tristezza addosso per non essere riuscito ad alzare nessun trofeo in questa stagione. Ma se mi volto indietro non posso dire che sia stata una stagione negativa. E questo deve darci la spinta per ripartire con la voglia di sempre". Che è quella di un torneo che incuriosisce. "Siamo l’Inter, siamo una squadra matura, vogliamo sempre arrivare in alto. Questo Mondiale vogliamo giocarcelo tutto. E io ho il desiderio di mettere tutta l’energia possibile per aiutare la squadra. Non c’è più spazio per voltarsi indietro". E lo dice come per convincersi che sia possibile subito, già da oggi contro il Monterrey. Magari lo aiuterà leggere Alison Lurie, la scrittrice statunitense che diceva: “In Europa si va per vedere il passato, ma per osservare il futuro bisogna visitare la California”. Siamo pronti.