Uno studio lungo sette anni svela come il sistema immunitario si riprogramma in silenzio, preparando l'attacco alle articolazioni
Eugenio Spagnuolo
14 ottobre - 11:55 - MILANO
Quando arrivano i primi dolori alle mani, la rigidità mattutina che non passa, il gonfiore alle articolazioni, l'artrite reumatoide ha già vinto la sua guerra silente. Perché la malattia, ci dicono ora i ricercatori, non inizia con i sintomi che la accompagnano. Inizia anni prima, quando il sistema immunitario comincia a prepararsi per l'attacco, riprogrammando le sue cellule come soldati che si addestrano per una battaglia di cui noi non sappiamo nulla.

La scoperta arriva da uno studio di 7 anni condotto dall'Istituto Allen insieme all'Università della California di San Diego, CU Anschutz e l'Istituto di ricerca Benaroya, tutti negli Stati Uniti. I ricercatori hanno seguito persone portatrici di anticorpi ACPA, biomarcatori noti che segnalano un rischio elevato di sviluppare artrite reumatoide. E quello che hanno trovato ridisegna completamente la mappa temporale della malattia. "In generale, ci aspettiamo che questo studio aumenti la consapevolezza che l'artrite reumatoide inizia molto prima di quanto si pensasse in precedenza e permetta ai ricercatori di prendere decisioni basate sui dati per interrompere lo sviluppo della malattia", spiega Mark Gillespie, co-autore dello studio.
un organismo in trasformazione
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Il quadro che emerge dall'indagine è quello di un organismo che si trasforma dall'interno. Nelle persone a rischio, l'infiammazione non resta confinata alle articolazioni ma diventa sistemica, diffusa in tutto il corpo, simile a quella che si osserva nei pazienti con artrite reumatoide già conclamata. Le cellule B, che normalmente producono anticorpi protettivi, cambiano verso uno stato pro-infiammatorio. E le cellule T helper, in particolare un sottogruppo simile alle cellule Tfh17, si espandono drasticamente oltre i livelli normali e dirigono la produzione di autoanticuerpi che attaccano i tessuti del corpo. Ma la scoperta più sorprendente riguarda le cellule T naive, quelle che non hanno mai incontrato minacce: anche loro mostrano cambiamenti epigenetici. Il DNA non muta, ma si altera il modo in cui i geni si accendono e si spengono, riprogrammando queste cellule prima ancora che affrontino la loro prima minaccia. Nel sangue, i ricercatori hanno identificato monociti che producono alti livelli di molecole infiammatorie e somigliano molto ai macrofagi presenti nel tessuto articolare infiammato dei pazienti con artrite reumatoide.
Artrite reumatoide: nuove prospettive
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Ciò che cambia con questa ricerca è la prospettiva temporale della prevenzione. Se riusciamo a identificare i segnali di allarme precoce - i biomarcatori e le firme immunitarie che precedono i sintomi - potremmo intervenire prima che il danno articolare diventi irreversibile. "Speriamo che i risultati di questo studio contribuiscano a far scoprire come predire chi svilupperà l'artrite reumatoide, i possibili bersagli biologici per prevenirla e come migliorare i trattamenti per chi già ne soffre", commentano i ricercatori. La malattia, insomma, potrebbe essere fermata prima che si presenti, risparmiando ai pazienti anni di dolore e disabilità.