"Amici miei" compie 50 anni. Le auto di zingarate e supercazzole

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Una scena del celebre film amici miei, in cui Tognazzi si libera del vigile con la solita “antani...”

Umberto Schiavella

23 ottobre - 11:44 - MILANO

La Fiat 125 dell'architetto Rambaldo Melandri, la Ford Thunderbird del conte Mascetti, le due Innocenti del giornalista Perozzi, la Rover 3500 V8 S e la Mercedes-Benz 219 del distinto professor Sassaroli. Scopriamo le auto protagoniste della celebre pellicola diventata un fenomeno culturale

Cinquant'anni fa, il 23 ottobre del 1975, uscì nelle sale cinematografiche del Bel Paese Amici miei, uno dei capolavori della commedia all'italiana, diretto da Mario Monicelli. Proiettato in anteprima nel mese di luglio al Teatro Greco di Taormina e nelle arene estive, il film destò subito l'attenzione e la curiosità del pubblico, soprattutto dopo che la commissione di censura impose il divieto ai minori di 14 anni. Arrivata nei cinema, la pellicola non riscontrò un grande consenso da parte della critica, ma fu il pubblico a decretarne il successo al botteghino. Amici miei incassò ben 7 miliardi e mezzo di lire diventando il film più visto della stagione 1975-76, battendo addirittura Lo squalo di Steven Spielberg e Qualcuno volò sul nido del cuculo di Milos Forman interpretato da Jack Nicholson. Il film, diventato un cult, narra la storia di quattro inseparabili cinquantenni fiorentini, amici d'infanzia e di caserma: il Necchi (Duilio Del Prete), proprietario di un bar; il Perozzi (Philippe Noiret), un giornalista; l'architetto Melandri (Gastone Moschin); il nobile decaduto Mascetti (Ugo Tognazzi). Insieme a un quinto membro, il professor Sassaroli (Adolfo Celi), si dilettano a organizzare terribili scherzi ai danni di poveri malcapitati, le cosiddette "zingarate". La burla goliardica, lo scherzo surreale come antidoto per la tristezza, per esorcizzare la "depressione esistenziale" come diceva il Perozzi, per lenire l'amara realtà. Dagli schiaffi in stazione alla distruzione dei passetti. Ridere per non piangere, per nascondere la propria condizione, il proprio disagio e la propria disillusione nei confronti della vita e dei rapporti personali. Un film spietato, del resto, come affermava Monicelli: "Senza crudeltà non si fa ridere". Un film cinico che mette in scena la caducità della vita come intesa dal poeta aretino Francesco Petrarca, che criticava aspramente l'immaturità, le cose futili, le responsabilità sociali, ma che allo stesso tempo raccontava l'esistenza affrontata come un gioco perenne, esaltando il valore dell'amicizia e della leggerezza d'animo, lasciandoci in eredità un grande dilemma: "È proprio obbligatorio essere qualcuno?". Amici miei ha cambiato la comicità italiana dando vita a espressioni diventate nel tempo di uso comune, su tutte la "supercazzola", ovvero una "frase priva di senso pronunciata con convinzione al fine di confondere l'interlocutore", entrata di diritto non solo nel nostro vocabolario, ma anche in quello Treccani della Lingua italiana online con una voce del linguista Michele A. Cortelazzo, accademico ordinario della Crusca e collaboratore dell'Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani. Parola sempre più usata, soprattutto nelle dissertazioni politiche, tanto da arrivare fino in Parlamento. Il dialetto toscano assurge così a lingua comica, poi sarà la volta di Benigni, Nuti, Pieraccioni, con buona pace di Stanis La Rochelle. Ma che auto guidavano gli stravaganti amici durante le loro scorribande e nella vita di tutti i giorni? L'architetto Melandri una Fiat 125, il conte Mascetti una Ford Thunderbird, il giornalista Perozzi si divideva tra la Innocenti Mini 90 e una Innocenti Mini 1000, infine una Rover 3500 V8 S e una Mercedes-Benz 219 per il distinto professor Sassaroli. Scopriamole insieme.

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