Il 33enne ascolano, che nel 2021 arrivò al 60° posto Atp, ci fa entrare dentro un mondo lontano dal benessere dei top player: fuori dai top 100 i professionisti della racchetta faticano a far quadrare i conti. Ecco tutte le cifre
Nel 2021 Stefano Travaglia sfidò Sinner nella finale del torneo 250 di Melbourne e raggiunse il 60° posto della classifica mondiale. Poi si è dovuto sottoporre a un intervento al gomito, è rimasto fermo per oltre tre mesi e ha perso l’attimo. Il tennis, con i ritmi feroci e la concorrenza spietata, non dà scampo. Ma lui non ha intenzione di mollare: a 33 anni si sente ancora competitivo, come dimostrano le due finali Challenger raggiunte (una vinta, una persa) in una stagione iniziata in ritardo a causa di un infortunio al ginocchio. “Punto a tornare tra i primi 100”, racconta l’ascolano, attualmente n.232 Atp. È questa la rotta da seguire in un mare in tempesta, in un mondo lontano anni luce dal luccichio degli Slam e dei Masters 1000. Chi pensa che i tennisti facciano la bella vita, tra ricchi premi e munifici sponsor, è fuori strada. Questo avviene per i top player. L’attività professionistica è variegata: entro i 100 guadagni bene, ma se stazioni attorno alla 200ª posizione non ti resta praticamente nulla alla fine dell’anno. Anche perché questo è uno sport così complesso da richiedere alti standard di gestione e preparazione, e quindi alte spese. Tutte a carico dell’atleta, massimamente responsabilizzato a differenza dei colleghi delle discipline a squadre.
team
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La costruzione del team di lavoro è fondamentale. Stefano ha come coach Alessandro Motti che lo segue nell’80% dei tornei. Nelle settimane restanti c’è il preparatore atletico Federico Berruezo e in molti tornei sono presenti entrambi. “Cerco di avere al mio fianco almeno uno di loro, è un investimento che paga in termini di qualità. Alla mia età - scherza - mi gioverebbe molto portare in giro anche il fisioterapista (Giovanni Bartolacci, ndr), ma non posso permettermelo”. Completa la squadra il manager Luca Del Federico, che assiste anche altri tennisti, tra cui Darderi. La vita nei Challenger, cioè i tornei che stanno al di sotto del tour maggiore, è durissima, specie per chi ha frequentato altri ambienti. “Si chiama circuito minore, ma il livello è molto alto, a partire dalle qualificazioni - dice Travaglia -. Giocano tutti bene, le nuove leve hanno un tennis moderno e non guardano in faccia nessuno. Devi essere preparatissimo a livello fisico. A Genova sono arrivato in semifinale e ho conquistato solo 35 punti. La differenza con un 250 sta tutta qui. Giochi tanto, senza sosta, per accumulare risultati, ma fai una grande fatica a scalare la classifica. Comunque, a me piace il tennis e, di conseguenza, piacciono tutti i tornei. Mi basta entrare in campo e giocare”. Le tappe del circuito Challenger offrono ai giocatori una camera per almeno 5 notti. “Cerchiamo di stare in camere doppie per risparmiare. Per fortuna non russano né il coach né il preparatore, così riesco a riposare bene. Quando siamo in tre, la seconda camera è a carico mio”. I tornei di prima fascia (125 e 175) offrono anche buoni pasto. Gli atleti devono pagare per gli altri servizi, dalla lavanderia all’incordatura (almeno 15 euro a racchetta).
bilancio
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Tutto considerato, in un anno Travaglia arriva a spendere circa 85mila euro. Il grosso della cifra (50mila euro) è destinata al coach e agli allenamenti. I trasporti (con una quota marginale degli hotel) bruciano altri 25mila euro. Per fortuna che l’Italia organizza tanti Challenger consentendo ai suoi giocatori di ridurre le spese dei trasferimenti. Completano il quadro altri 10mila euro di costi generali. Qualche esempio? Le iscrizioni nei tornei, oppure la polizza per gli infortuni. È vero che l’Atp offre una copertura assicurativa, ma Stefano preferisce integrarla con un’assicurazione privata in modo da essere coperto al 100%. Ed eccoci ai ricavi. Nel 2024, chiuso al 221° posto, Travaglia ha accumulato 130mila dollari di premi Atp, equivalenti a 120mila euro. Considerato che per ogni torneo viene trattenuto il 30% sul posto, i ricavi netti da questa voce ammontano a circa 80mila. Stefano arrotonda partecipando ai campionati a squadre, tra Francia, Germania e Italia (40mila di ingaggi), e raccogliendo 30mila dagli sponsor. Solitamente un giocatore con la sua classifica non riesce ad attrarre partner, ma lui può contare su alcune aziende locali che lo avevano agganciato quando era un top 100.
racchette
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Quanto alle partnership tecniche, l’abbigliamento viene fornito da Lotto (ma senza un corrispettivo monetario), mentre le racchette se le compra direttamente lui: 15 all’anno, per una spesa di 2mila euro. Il motivo? “Quando è scaduto il contratto con Wilson ho ricevuto offerte di altri marchi ma non ho voluto cambiare modello. La racchetta è la cosa più importante”. I ricavi, quindi, arrivano a 150mila euro. Cifra distante anni luce dal giro d'affari dei primi al mondo: nel 2024 da record Sinner ha toccato quota 65 milioni, tra premi Atp, esibizioni e introiti commerciali. Tolti i costi, tolte le tasse, il guadagno netto in un anno per Travaglia è di circa 30mila euro. Un calciatore sconosciuto di Serie C incassa il doppio… E senza quegli sponsor rimasti fedeli dai tempi belli, il bilancio di Stefano chiuderebbe a zero. Non a caso, uno studio rivela che, tenendo conto solamente del prize money, un giocatore inizia a raggiungere il punto di pareggio attorno al 160° posto del ranking Atp. “Qualcuno potrebbe chiedermi: ‘Ma chi te lo fa fare?’. La risposta è semplice: la passione per questo sport e il sostegno di persone che credono in me e mi spronano ogni giorno. Ho vinto a Modena, sono arrivato in finale a Todi. Mi sento ancora molto competitivo. Le mie giornate sono interamente dedicate ad alzare l’asticella. Il prossimo step è entrare nel tabellone delle qualificazioni degli Australian Open, l’obiettivo finale è rientrare nei top 100. A quel punto cambierebbe tutto, anche a livello economico”, chiosa Travaglia.