sportweek
Contenuto premium
Istrionico e irriverente quanto applicato sul lavoro, "lo sciatore cittadino" che in valigia portava mucchi di vhs per rompere la noia del ritiro è piombato sul Circo Bianco come un ciclone, segnando un’epoca non soltanto con le sue tante vittorie
Gianni Merlo
6 dicembre - 00:11 - MILANO
Alberto Tomba ha segnato un’epoca dello sci nel mondo, ma non solo sulla neve. È riuscito a fare parlare di sé anche in Africa; come? Interpretando se stesso. È nato grande comunicatore anche con il linguaggio del corpo. All’inizio bisognava interpretare le sue frasi, decifrarle, perché mentre ti parlava, stava già pensando ad altro. Aveva fretta di vivere. Sembrava un farfallone nelle sue dichiarazioni pubbliche, ma sul lavoro era scrupoloso e pignolo: sembra una contraddizione, ma non lo è. Negli Anni Ottanta del secolo scorso lo sci si cullava nel mito soprattutto di Gustavo Thoeni e Ingemar Stenmark, considerati eroi silenziosi, pacati e schivi. Molti si erano già dimenticati che Pierino Gros aveva vinto una Coppa del Mondo giovanissimo e che Anzi e Besson erano stati i primi sindacalisti dello sci per discutere dei rischi della discesa libera. Erwin Stricker, Cavallo Pazzo, sciatore estroso e di grandi idee, in Italia faceva simpatia, ma non passione. La Valanga Azzurra era rotolata a valle e a poco a poco si era spenta anche ogni eco.










English (US) ·