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Le 6 squadre in Champions hanno speso, insieme, 1799 milioni di euro. Il divario economico con le rivali si fa più ampio che mai
nell'attesa che il campo inizi a delineare la classifica delle 36 squadre impegnate nella Champions League che parte oggi, la competizione prende il via con una graduatoria già scolpita: quella economica prodotta dai movimenti di mercato conclusi durante l’estate. E la fotografia è nitida, senza filtri, assai cruda nel suo realismo. C’è la Premier League, che tra l’altro quest’anno si presenta al via con 6 squadre, il 16% del totale, e ci sono gli altri. Lo strapotere economico del campionato inglese, basato su un contratto televisivo mostruoso e su un controllo finanziario assai benevolo che esclude dalle voci che fanno parte delle regole di profitto e sostenibilità tantissime spese (infrastrutture, impianti, donne, vivaio, comunità) è clamoroso. Come le spese sostenute in quest’estate di ‘spending frenzy’, di acquisti frenetici: tra le partecipanti alla Champions 25-26, il Liverpool guida la classifica degli investimenti con 484 milioni di euro, 365 solo per tre giocatori, Isak, acquisto più caro nella storia della Premier, Wirtz ed Ekitike. Poi c’è il Chelsea con 328, l’Arsenal con 293, il Newcastle con 278, il Tottenham con 210 e il Manchester City con 206. Le sei inglesi ai primi 6 posti, le uniche squadre tra le 36 ad aver investito cifre superiori ai 200 milioni nel solo mercato estivo. Il totale di spesa delle 6 rappresentanti della Premier in Champions è pari a 1799 milioni di euro.