Una settimana ancora per stringersi la mano e un'ultima curva da percorrere, quella più delicata. Unione europea e Stati Uniti si avviano al rush finale dell'estenuante trattativa sui dazi. La tariffa unica, quel 15% ormai considerato digeribile nel Vecchio continente, fa da perno ad un modello di accordo che prende lentamente forma ma che non è ancora delineato nella sua interezza. Il nodo delle esenzioni settoriali, l'imprevedibilità dell'interlocutore americano e la crescente irritazione di alcune capitali europee rendono l'intesa non scontata e non facile, sebbene la Commissione Ue abbia assicurato che sia "alla portata". Le prossime ore, forse i prossimi giorni, saranno decisivi.
"Stiamo andando bene con l'Ue" ha detto Donald Trump in visita alla sede della Fed commentando i negoziati commerciali con Bruxelles.
C'è innanzitutto una forma da dare all'accordo, in merito alla quale è imprescindibile che Ursula von der Leyen e Donald Trump si parlino e comunichino di aver parlato. Qualcuno a Bruxelles ancora non esclude una missione lampo di von der Leyen nello Studio Ovale: si tratterebbe di una visita costellata di trappole, ma la stretta di mano alla Casa Bianca darebbe sacralità all'accordo. Prima, tuttavia, c'è una sostanza da amalgamare. Le parti si sono avvicinate, non si sono ancora incontrate. La volontà di Washington di mantenere i dazi su acciaio e alluminio al 50% è un punto dolente per Bruxelles. L'abbassamento della tariffa dal 27,5% al 15% alle auto europee non ha il via libera di Trump. Le esenzioni settoriali, dagli alcolici ai prodotti agricoli, dall'aeronautica ai dispositivi medici, restano un punto delicato della trattativa. Che sta evolvendo seguendo il modello Giappone sebbene sotto diversi aspetti l'Ue e il Sol Levante siano economie ben differenti. E allora ecco che, da Pechino, von der Leyen ha innanzitutto richiamato alla cautela. "Il nostro obiettivo principale è raggiungere una soluzione negoziata, sono in corso contatti tecnici e politici molto intensi, ma siamo molto chiari che tutti gli strumenti sono sul tavolo e rimarranno sul tavolo finché non avremo un risultato soddisfacente", ha sottolineato la numero uno di Palazzo Berlaymont. Non a caso, a Bruxelles, nel Comitato barriere commerciale, a "larga maggioranza" i Rappresentanti dei 27 hanno dato via libera alla lista unica di controdazi che l'Ue, in caso di 'no deal', farà scattare dal 7 agosto. Il pacchetto da 93 miliardi non entrerebbe in vigore nella sua interezza. La prima tranche da 21 miliardi, messa a punto contro acciaio e alluminio scatterebbe ad agosto (e chissà che non accada anche in caso di deal) mentre la seconda parte di controtariffe reciproche sarebbe operativa il 7 settembre e il 7 febbraio prossimi, nel rispetto delle norme del Wto. La lista unica ha l'obiettivo di dare un segnale agli Usa, ma anche a chi chiede alla Commissione di trattare con la schiena dritta. Lo strumento anti-Coercizione resta chiuso nel cassetto ma, rispetto a qualche settimana fa, la maggioranza dei 27 è pronta a metterlo sul tavolo se necessario. La parola d'ordine è trattare uniti. Il tempo delle divisioni, che pure esistono, è rimandato. A Parigi, il ministro dell'Economia Eric Lombard non a caso ha sottolineato al ministro per delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso che Francia e Italia "sono allineate" sui dazi. "C'è una grande convergenza, diamo una chance al negoziato", ha rimarcato Lombard. Urso, dal canto suo, ha ribadito la linea del governo Meloni: "Serve un accordo equo, ora è il momento del negoziato". Nelle prossime ore von der Leyen e Antonio Costa rientreranno da una missione in Cina non facile. Ma sia l'Ue che Pechino sono accomunate dalla stretta finale con gli Usa sui dazi. Nessuno a Bruxelles è disposto a giurare che tutto finisca il primo agosto. Tuttavia, un ulteriore rinvio prolungherebbe quell'incertezza che Christine Lagarde ha chiesto di superare "velocemente".
Orsini: 'Tra dazi e cambio del dollaro un danno enorme per le imprese'
"Dazi al 15% tollerabili? È ovvio che qualsiasi tipo di incremento di costo che viene aggiunto alle nostre imprese in questo momento è un problema. Ma non è solo il tema dei dazi, c'è anche un capitolo che noi non dobbiamo mai scordarci, è il cambio dollaro-euro, oggi al 13,5% con la previsione che possa arrivare a marzo un 20%. Quindi un 20% di cambio più 15% di dazi sarebbe un 35%: danno enorme per le nostre imprese". Lo ha detto il presidente di Confindustria Emanuele Orsini a margine dell'assemblea di Confindustria Sardegna Meridionale a Cagliari. "Però è ovvio che da 50% a 30% a 15%, è sempre meglio il 15%", ha osservato.
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