Milanese, classe 2006, subito in meta e migliore in campo con l'Under 20 in Scozia al debutto nel Sei Nazioni: "Per i miei genitori era importante che andassi bene a scuola: ho tutti buoni voti e sono cresciuto tanto come rugbista. Resto a Ipswich. Per ora"
Gabriele Lussu
5 febbraio - 07:53 - MILANO
Edoardo Todaro è il volto nuovo del rugby italiano. Ha 18 anni, vive in Inghilterra e ha tutte le qualità per diventare un campione. Nel 2021 ha lasciato casa per confrontarsi con una realtà più competitiva. La pressione non lo spaventa, anzi: “Mi motiva a fare meglio”. Alto un metro e ottanta, capelli neri, niente tatuaggi, oltre allo sport eccelle anche a scuola: “Ho sempre preso voti alti”. Venerdì scorso ha giocato la sua prima partita ufficiale con l’Under 20: “Vincere in Scozia è stato bellissimo, una grande emozione”. “Avevo fatto il Sei Nazioni con l’Under 18, ma c’è una differenza enorme”. Nonostante il passaggio di categoria, Edoardo - numero 12 - si è preso la copertina del match.
Esordio perfetto: vittoria, meta e premio di migliore in campo.
“È stato speciale, un sogno che si avvera. Mi sono goduto tutti i momenti: cantare l’inno in uno stadio così (l’Hive Stadium di Edimburgo, quasi 8 mila posti, ndc), giocare davanti ai miei genitori, ai miei amici… Nonni e sorella erano connessi da casa. Il ‘player of the match’ ovviamente fa piacere, ripaga l’impegno messo in settimana”.
Dove può arrivare questa Italia?
“Abbiamo fatto un lungo lavoro di preparazione per trovare la nostra identità. Siamo un bel gruppo, scherziamo e ci divertiamo anche con lo staff. L’obiettivo è essere la miglior nazionale di sempre: vogliamo essere competitivi, puntiamo a vincere”.
Ci sono grandi aspettative su di te.
“Avere pressione è un privilegio, non mi spaventa. Mi motiva a fare meglio e dare sempre il massimo. Quando entro in campo penso solo a giocare: anche dopo un errore bisogna ripartire, andare sempre avanti”.
Quali sono i tuoi pregi e quali i difetti?
“Mi sento molto forte palla in mano, ad attaccare uno contro uno; in difesa sono bravo nel breakdown, nel mettere le mani sul pallone. Gli aspetti da migliorare sono la fisicità e la visione di gioco, il decision making. Non sono troppo grosso ma compenso con la velocità”.
C’è un giocatore a cui ti ispiri?
“Da piccolo il mio idolo era Owen Farrell, adesso mi ispiro a Brex e Menoncello: la settimana scorsa mi sono allenato con loro, sono due giocatori italiani da cui imparare tanto”.
Facciamo un passo indietro. Come hai iniziato a giocare a rugby?
“Ho iniziato a sette anni, avevo provato con il calcio ma non era il mio. Mio padre ha giocato a rugby a Catania e così ho deciso di fare come lui. Essendo di Milano, sono cresciuto in due società cittadine: ASR e CUS”.
Poi, a 14 anni, una scelta forte: andare a Ipswich, in Inghilterra.
“Dopo il covid si è presentata l’opportunità di andare all’estero: avevo voglia di fare una nuova avventura e sono partito. Il rugby chiaramente è stato importante nella decisione, in Inghilterra potevo crescere e alzare il livello. Per i miei genitori, però, era fondamentale anche la parte accademica: sono sempre andato bene a scuola, prendo voti alti. Così ho trovato un buon equilibrio tra studio e sport”.
Come ti trovi lì?
“Il primo anno è stato un po’ difficile, ero lontano da casa e dovevo ambientarmi. Ora sto molto bene, ho tanti amici: tra lezioni e allenamenti non ho molto tempo libero, ma quando posso esco sempre. Dal punto di vista rugbistico sono cresciuto tanto, ho trovato grandi allenatori”.
Che differenze ci sono con l’Italia?
“Gioco sia con la scuola che con l’Accademia dei Northampton Saints. Vado una volta a settimana, ci vogliono due ore di macchina: qui il livello è più alto, ci concentriamo sul gioco veloce e alleniamo le skills di base, c’è meno tattica”.
Quante volte ti alleni?
“Tutti i giorni, palestra compresa. Faccio molto lavoro individuale, anche se gli allenatori dei Saints mi seguono molto: una volta a settimana viene il preparatore atletico, in più faccio delle sessioni personalizzate. Vengono apposta per me, non tutti i giocatori hanno questo trattamento”.
Che piani hai per il futuro?
“Voglio iniziare l’università, dove il livello è molto alto, e continuare a giocare con i Saints: mi trovo benissimo. Dopo la Brexit ci sono alcuni passaggi burocratici da risolvere, ma dovrei riuscire a ottenere un contratto. Tornare in Italia? Per il momento no, sto bene qui”.
Ultima domanda: la favorita per il Sei Nazioni Under 20?
“Dico Inghilterra: giocare contro di loro sarà bello, sfiderò due miei compagni di squadra. In Nazionale, invece, sono contento di essere con Casartelli e Ragusi: giocavamo insieme da bambini a Milano. È bello ritrovarsi a questi livelli, siamo molto amici”.