Gilgeous-Alexander, Jalen Williams e Holmgren sono perfetti per il gioco di Oklahoma City, a caccia del primo titolo, sfuggito ai loro predecessori nelle Finals 2012
Come Kevin Durant, Russell Westbrook e James Harden, anzi persino meglio. Shai Gilgeous-Alexander, Jalen Williams e Chet Holmgren hanno trascinato Oklahoma City alle seconde Finals della storia dei Thunder, dopo quelle del 2012. Allora i Big 3 erano appunto quei tre fenomeni epocali, tutti Mvp della lega col senno di poi. Eppure non seppero conquistare il titolo, persero con i Miami Heat di LeBron James e Dwyane Wade. Questi Big 3 hanno già saputo vincere di più in stagione regolare: i 68 successi sono il massimo di sempre per Oklahoma City da quando nel 2008 ha sostituito Seattle come franchigia Nba.
favoriti
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Arrivano alle Finals da testa di serie n. 1 dell’Ovest, da favoriti rispetto agli Indiana Pacers, i prossimi avversari. Allora i Thunder avevano vinto “solo” 47 volte in stagione regolare, erano la testa di serie n.2 e in pochi osavano scommettere contro LeBron e Flash, inevitabilmente. Insomma questi tre ragazzoni hanno già fatto l’impensabile: superare gli illustri predecessori. Ma più dei numeri contano i trofei e le Finals ne misureranno la gesta: se sapranno alzare il Larry O’Brien Trophy e regalare alla città il primo anello di sempre faranno la storia. “Durant, Westbrook e Harden chi? “ - potrebbero poi permettersi di dire.
tris d'assi
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Gilgeous-Alexander ha 26 anni, Williams 24, Holmgren 23, sono giovanissimi. Impressionante siano già così decisivi. La guardia canadese è l’Mvp 2025, miglior realizzatore di stagione regolare: 32.7 punti per partita. Ha vinto pure l’Mvp della finale di Conference con Minnesota. Jalen Williams è stato inserito nel secondo miglior quintetto difensivo stagionale. Ai playoff sta segnando 20.4 punti per partita, secondo miglior realizzatore della squadra, il piano B in attacco. Shai e J-Dub hanno il tiro dalla media distanza come freccia in faretra. Stile vintage: ottimi atleti, però non saltatori portentosi, sanno mandarle a bersaglio però non sono specialisti in triple. Difendono forte. Sarebbero andati benone pure nella Nba di 20 anni fa. Moderni, ma evergreen. Chet Holmgren è un unicorno. Senza emuli. Magro come un grissino, alto alto: 216 centimetri. Ai playoff segna 16.4 punti per partita, aggiunge 8.6 rimbalzi e 2 stoppate. Il piano C in attacco di coach Daigneault. Quei tre sono ben assortiti per doti fisiche, tecniche e caratteriali. Non sono primedonne, sanno tirarsi su le maniche nella propria metà campo, fare il lavoro sporco. Holmgren paga in fisicità contro i lunghi avversari eppure sgomita sotto i tabelloni, intimidatore temibile per altezza e atletismo. Lui e Williams il gm Sam Presti li ha portati in Oklahoma via draft, Shai invece via trade. I Clippers si mangiano le mani.

il confronto
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Durant, Westbrook e Harden per valore individuale erano migliori dei Big 3 attuali dei Thunder. Nel 2012 erano giovanissimi anche loro, tra l’altro. È difficile immaginare Chet Holmgren come futuro Mvp Nba soprattutto per le incognite fisiche, quel fisico vulnerabile agli infortuni, e quasi impossibile immaginare Jalen Williams da futuro miglior giocatore della lega. Ma nello sport e nella vita conta cogliere l’attimo, soprattutto. Non vince sempre il più bravo, spesso semmai il più pronto a sfruttare le occasioni. Il tris d’assi attuale dei Thunder ne ha una gigantesca davanti: i Pacers sono squadra corale e ben allenata, ma non una corazzata. Non hanno un giocatore tra i primi 10 delle lega, non ne hanno due tra i primi 20. L’Nba è cambiata dal 2012 a oggi. Non ci sono più gli squadroni. Per il settimo anno di fila trionferà una squadra diversa. Nel 2019 vinse Toronto, nel 2020 i Los Angeles Lakers, nel 2021 Milwaukee, nel 2022 Golden State, nel 2023 Denver, nel 2024 Boston. Le ultime dinastie sono state la San Antonio di Duncan e i Golden State Warriors di Curry. Questi Thunder fronteggiano una concorrenza meno qualificata rispetto al passato. C’è in atto un livellamento verso in basso. Perché il commissioner Silver persegue questo livellamento di valori, un equilibrio che permetta a parecchie franchigie di concorrere per l’anello. L’equilibrio non può essere verso l’alto perché se i giocatori più forti sono ripartiti tra le 30 antagoniste perequano sì i valori, ma svalutano quello delle migliori squadre. Non sono discorsi teorici. I paletti salariali del nuovo contratto di lavoro collettivo Nba nella sostanza impediscono alle franchigie di tenersi tre giocatori da massimo salariale, pena non solo una caterva di tasse di lusso da pagare, ma il blocco del mercato con cancelli che puniscono chi sfora il tetto stipendi. Dunque adesso Shai, Williams e Holmgren non hanno bisogno di essere forti quanto Durant, Westbrook e Harden in maglia Thunder per vincere il Larry O’Brien Trophy. Può bastare meno, di questi tempi.
per sempre
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Gli abitanti dell’Oklahoma sono chiamati Sooners, il soprannome delle squadre dell’università statale. Perché arrivarono presto, per primi, a prendersi le terre ai tempi del Far West. I Big 3 dei Thunder sono arrivati presto a Oklahoma City, cresciuti lì cestisticamente. Vanno di fretta, vogliono tutto e subito. Vincere, tagliare fuori l’inesperienza come un avversario a rimbalzo. Perché appunto non è detto che abbiano chissà quante altre opportunità. Non sarà facile tenerli per sempre nell’Oklahoma e non solo perché è un piccolo mercato e agenti e sponsor li preferirebbero in città più invitanti come marketing. Ma anche perché pagare tutti nel prossimo futuro diventerà maledettamente difficile. Dunque meglio che si portino avanti. Perché pure di Durant, Westbrook e Harden si pensava che quelle Finals fossero solo l’inizio di un’epopea e invece... La tavola per Gilgeous-Alexander, Williams e Holmgren è imbandita: si tratta di assaporare ogni attimo senza pensare a future scorpacciate di successi. Carpe diem. Ci sarebbe ancora più a gusto a vincere facendo meglio di Durant, Westbrook e Harden. Privilegio per pochi.