Si può vincere (e perdere) in tanti modi: ecco i punti chiave dove chi vuole farsi re non può fallire. Emozioni assicurate
1) nona tappa / Strade bianche verso siena: che insidia...
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Certo, molto dipenderà dal tempo. Certo, molto farà la fatica accumulata sulle gambe del gruppo nelle otto tappe precedenti. Certo, molto conterà il coraggio e la voglia di graffiare senza troppi calcoli. Fatte queste premesse, la nona frazione che porta i corridori da Gubbio a Cesena potrebbe lasciare il segno anche in chiave classifica finale: i circa 29 chilometri di sterrato (il più lungo è il terzo settore, 9400 metri di saliscendi verso San Martino in Gravia), sono un invito al ballo da non farsi scappare. Fare “tappezzeria”, restare tranquilli per non rischiare, attendere la mossa degli altri, potrebbe costare caro in termini di secondi. Non ci sarà l’alieno Pogacar, capace di fare e disfare (leggi caduta nell’ultima Strade Bianche, dominata nonostante la scivolata) e questo rende incerto il destino della giornata. Ma gente come Pidcock (secondo a Siena dietro l’alieno...) e Van Aert potranno far valere le loro qualità di crossisti e ottimi attaccanti. L’ultimo tratto di sterrato sarà forse quello che deciderà il vincitore: 2400 metri che porteranno in cima al Colle Pinzuto, una salita che ha pendenze massime intorno al 15%. Chi passerà da lì per primo, poi avrà la strada spianata verso Siena e magari verso la maglia rosa. Oppure potrebbe essere proprio il leader del Giro ad andare in avanscoperta per puntellare la sua corona. In ogni caso, gli sterrati saranno un banco di prova importante per gli aspiranti re, compresi i nostri Tiberi e Ciccone. Ciclista avvisato, mezzo salvato...
2) DECIMA TAPPA / contro il tempo c'è il rischio di forti distacchi
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Dopo lo sterrato e il riposo. Come a dire, arrangiatevi. La cronometro di suo è già una incognita, capace di annientare le speranze oppure di clamorose resurrezioni. Il Giro ha scelto un giorno non banale per la seconda sfida individuale contro il tempo (la prima è a Tirana): decima tappa, con la comitiva ferma da 24 ore dopo le fatiche verso Siena. La sfida si svilupperà su quasi 29 chilometri, da Lucca a Pisa, senza grandi difficoltà. Insomma, sarebbe stata la tappa perfetta per Filippo Ganna, ma inutile parlare degli assenti. E allora, uno come Roglic diventa il favorito numero 1, ma occhio ai vari Van Aert e anche Ayuso. Può far bene pure Tiberi, Ciccone cercherà di difendersi,mentre i più esposti ai rovesci sono gli scalatori, Carapaz e Bernal in primis. Comunque vada, la cronometro resta uno snodo importante per chi ha ambizioni di maglia rosa. La distanza è di quelle che possono far male, specie se le gambe non gireranno a dovere. Cosa possibile con sterrati e riposo da digerire in sole 24 ore.
3) sedicesima tappa / brentonico da cuori impavidi: finale al veleno
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Su e giù fino a toccare il blu. La sedicesima tappa è di quelle che fa stancare al solo pensiero: basta guardare il percorso, le salite da affrontare, il dislivello totale (4900 metri) e già le gambe diventano di marmo. Chi vuole arriverò in rosa a Milano, qui dovrà per forza restare davanti, sbuffando, soffrendo, arrancando, attaccando, rimontando... Qualunque tattica andrà bene, l’importante è non perdere terreno. Meglio, se è possibile occorre guadagnare secondi sui rivali più pericolosi. Si corre in Trentino, dove le montagne non mancano. Quelle scelte dagli organizzatori del Giro, magari non hanno la nobiltà di uno Stelvio o di un Gavia, ma possono fare molto male: quattro Gpm in sequenza, una via l’altro dopo 50 chilometri di riscaldamento. E se il primo verso Carbonare non scriverà la storia della frazione, già il successivo che porta a Candrai potrebbe essere un bel trampolino di lancio per un novello braveheart, un cuore impavido a caccia del successo prestigioso. Certo, i big aspetteranno almeno fino al Santa Barbara, quando i quasi 13 chilometri all’8,3 di pendenza media sono un bel salire. Dalla vetta mancheranno 35 chilometri al traguardo di Brentonico: gli ultimi 18 porteranno a quota 1315, un’ascesa spezzata in tre, con la seconda parte molto dura e un finale tossico intorno al 9% con punte al 12. I favoriti? Roglic e Ayuso si sfideranno in un duello mortifero, ma saranno in tanti ad ambire al bottino pieno (tappa e maglia), compresi Carapaz e i nostri Ciccone e Tiberi.
4) 5 tappe da seguire / da tagliacozzo a champoluc: ostacoli e ascese
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Che cosa hanno in comune Tagliacozzo, Castelnovo ne’ Monti, Asiago, Bormio e Champoluc? Sono i grandi imprevisti messe sulla strada verso Roma, le possibili tappe dove a sorpresa (ma nemmeno tanto) potrebbe andare in crisi la maglia rosa. Chiamatele pure emozioni o ribaltoni, ma segnatevi questi luoghi. Tanto per cominciare Tagliacozzo (settima tappa), dove il Giro ha in programma il primo arrivo in salita. Non certo banale, circa 12 chilometri di ascesa con il veleno nella coda: 2000 metri mai sotto il 10% di pendenza. Sarà battaglia tra i vari Roglic, Ayuso, Carapaz, Ciccone e Tiberi, statene certi. E sarà battaglia anche nell’undicesima, il giorno dopo la crono. Proprio chi avrà perso secondi a Pisa, potrà tentare la sortita nei continui saliscendi (sull’Alpe San Pellegrino pendenze al 19%), perfetti per agguati. Verso Asiago (traguardo della quindicesima tappa), invece, c’è la storia ad aspettare il gruppo sul Monte Grappa, dove sorge il sacrario militare della Grande Guerra, dopo 25 chilometri di salita, ottimi per testare la condizione dei big. A proposito di storia, quella recente del ciclismo spessa si è scritta sul Mortirolo, salita simbolo del mito di Marco Pantani, che si affronta dal versante di Monno nella diciassettesima frazione, ma abbastanza distante dall’arrivo a Bormio (quasi 50 chilometri). Non c’è questo problema nel tappone alpino che si conclude a Champoluc (diciannovesima tappa): cinque Gpm, un dislivello di 4950 metri. Roba da fiato, cuore, gambe e ovviamente maglia rosa...
5) ventesima tappa / Colle Finestre arbitro del Giro: Non c’è appello
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Che giorno, quel giorno... Sabato 31 maggio si scrive la storia dello sport: ciclismo e calcio in un condensato di emozioni, con una staffetta virtuale e un testimone che vola da Sestriere fino a Monaco di Baviera. Che giorno, quel giorno: si decide la maglia rosa e la Champions, con l’Inter a sfidare il Psg. Qualche ora prima, il Giro scala il Colle delle Finestre, la Cima Coppi a quota 2178 metri. Non ci può nascondere, non si può pensare di farla franca se la condizione è precaria. Qui, senza sé e senza ma, si decide la classifica. Non solo il vincitore, ma l’intero podio. Non c’è una prova d’appello: è la penultima tappa, poi sarà solo passerella finale a Roma. Ma la gloria va conquistata su questa salita micidiale: 18 chilometri e 500 metri con la pendenza costante sopra il 9%. Già così sarebbe roba da mozzare il fiato, considerando anche le fatiche e le tossine accumulate nel viaggio iniziato in Albania. Ma il Colle delle Finestre ha un bel malus capace di mandare ko anche i più resilienti: 9 km (gli ultimi) dove l’asfalto lascia il posto allo sterrato. Sì, avete letto bene: una strada bianca di alta montagna, con tutte le difficoltà del caso. L’ossigeno sopra i 2000 metri diventa rarefatto, chi non è abituato può andare in crisi senza preavviso. Sarà fondamentale dosare le energie e attaccare al momento giusto. Considerando anche un altro fattore: per arrivare al traguardo mancheranno 27 chilometri, i primi undici sono una discesa molto impegnativa, con tornanti secchi dove è vietato sbagliare. Poi si salirà dolcemente verso Sestriere, ma lo sconquasso in classifica a quel punto sarà cristallizzato. Di sicuro, ci sarà una grande folla sui 45 tornanti che portano alla Cima Coppi, di sicuro ci sarà da divertirsi, di sicuro all’arrivo si scoprirà il vincitore del Giro. E qualche ora dopo anche chi alzerà in cielo la Champions. La buttiamo lì, Antonio Tiberi e Giulio Ciccone sono interisti: chissà se quel giorno sarà il loro giorno...