Senza la stella si fa la storia: via Mbappé, il Psg vince Champions e Triplete

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L'addio della star ha permesso a Luis Enrique di ricompattare uno spogliatoio giovane e affamato: senza personalismi è arrivata una stagione storica, conclusa con la vittoria in tutte le competizioni

Carlo Tagliagambe

Giornalista

31 maggio 2025 (modifica alle 23:53) - MILANO

Il calcio, a volte, sa essere davvero strano. Alzi la mano chi avrebbe mai pensato che, dopo aver speso centinaia e centinaia di milioni di euro, il Psg avrebbe vinto la sua prima Champions pochi mesi dopo aver perso il suo miglior marcatore di tutti i tempi, nonché uomo simbolo del brand in giro per il mondo. Stiamo parlando, ovviamente, di Kylian Mbappé, la stella che il presidente Al-Khelaïfi aveva strappato al Monaco per quasi 180 milioni di euro nel 2017 e che, dopo sette anni alla ricerca della coppa più ambita, ha cercato di accorciare la strada per la vittoria fuggendo al Real Madrid a parametro zero. Una scelta che ha scosso l'opinione pubblica francese (lo stesso Macron aveva provato ad intervenire per scongiurare l'addio di "un patrimonio del calcio francese") e ha fatto infuriare i tifosi, ma che -a conti fatti - ha rappresentato la svolta per la squadra parigina. Venuto meno l'ingombrante ego di Mbappé, diventato ormai più grande a livello mediatico dello stesso Psg, Luis Enrique ha potuto forgiare il gruppo a sua immagine e somiglianza: nessuna stella (negli anni precedenti avevano salutato anche Messi e Neymar), ma un gruppo di giocatori giovani e affamati, disposti a seguirlo in tutto per tutto nei suoi dettami tattici. E qualche punto di riferimento che non basta mai, a partire dall'esperienza del capitano Marquinhos, la Tour Eiffel della difesa, e di Gigio Donnarumma, che ha saputo lavorare anche sull'aspetto mentale per cancellare le critiche degli anni scorsi. 

COME IBRA E IL FENOMENO

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E Mbappé? Ha scelto il Real e ha vinto Supercoppa europea e Mondiale per club, trofei importanti ma comunque "di contorno". La sua prima stagione in Spagna si è chiusa con 43 gol all'attivo, ma anche con parecchi rimpianti: secondo posto in Liga e in Coppa del Re dietro al Barcellona, eliminazione ai quarti di Champions contro l'Arsenal prima di un eventuale incontro in semifinale contro i suoi ex compagni. Che ora finalmente alzano al cielo quella coppa che, con Kylian in campo, sembrava maledetta. Oltre a campionato, e coppa di Francia. Triplete. Una beffa per il calciatore più pagato al mondo: il suo ingaggio da 128 milioni sarà senz'altro di consolazione (e che consolazione), ma la paura di aver fatto la scelta sbagliata è un fantasma ricorrente nella (breve) carriera di un calciatore. Il tempo è ancora dalla parte di Kylian, ma chi prima di lui ha peccato di hybris (gli antichi greci definivano così la tracotanza che porta l'uomo a credersi superiore al destino) non sempre ha ottenuto quello che cercava. Due esempi su tutti? Ronaldo il Fenomeno e Zlatan Ibrahimovic. Entrambi hanno lasciato l'Inter con un chiodo fisso in testa: vincere la Champions. Il dio del calcio aveva però altri programmi. 

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