Sbriciolare, dividere o aprire una pillola può comportare il rischio di perdere parte del principio attivo e, di conseguenza, della dose terapeutica e dell’efficacia. Non devono mai essere aperte le capsule gastroresistenti perché alterarle comporta la rimozione del rivestimento, progettato per mantenere il farmaco intatto, finché non passa attraverso lo stomaco e raggiunge l’intestino, con potenziali effetti lesivi tossici oltre che diminuzione dei benefici. Anche pillole a rilascio lento o controllato non devono essere spezzate né frantumante, perché formulate in modo da mantenere un livello costante di principio attivo per 8, 12, o 24 ore e influenzare la velocità di assorbimento del farmaco può comportare effetti tossici.
Eppure, soprattutto nelle strutture assistenziali, dove gli anziani prendono tanti farmaci, è prassi diffusa alterare le pillole per facilitarne la somministrazione a chi ha difficoltà a deglutire. Tali abitudini sono state studiate nell’ambito della prima indagine nazionale svolta nelle RSA per valutare l’appropriatezza e i rischi del modello di prescrizione dei farmaci e della loro forma di somministrazione. Lo studio ha coinvolto 3.400 anziani residenti in 82 strutture di 12 regioni italiane rappresentative di tutto il territorio nazionale ed è stato condotto dalla SIGG in collaborazione con ANASTE Humanitas, che ha scattato una fotografia puntuale durante il Prescription Day 2024. I risultati preliminari dell’indagine sono appena pubblicati su Aging Clinical and Experimental Research.
Ogni giorno nelle Rsa assunte circa 17mila pillole
“Nelle RSA ogni anziano assume in media circa 8 farmaci al giorno, che espongono il 42% degli assistiti ad almeno un’interazione pericolosa, con casi che arrivano fino a 7 interferenze contemporanee – dichiarano Dario Leosco, presidente SIGG e ordinario di Geriatria all’Università Federico II di Napoli, e Andrea Ungar, ideatore dello studio e ordinario di Geriatria all’Università di Firenze -. Ma rischi rilevanti derivano anche dalla pratica di manipolazione dei farmaci da assumere per bocca, soprattutto pillole”. Sono infatti, circa 17mila quelle assunte ogni giorno dagli anziani nelle RSA italiane considerate, su un totale di circa 24mila prescrizioni: per la precisione, 15.927 sono compresse e 850capsule. Tuttavia, le dimensioni delle pillole possono rappresentare un problema per chi ha difficoltà a deglutire, di conseguenza, nelle RSA una compressa su tre viene divisa o triturata, mentre poco più di una capsula su quattro viene aperta e “camuffata” con cibi e bevande. Soluzioni semplici, ma non sempre appropriate nel 13% dei casi: rispettivamente nel 5% di tutte le compresse somministrate e nell’8% di tutte le capsule somministrate, con rischi di inefficacia e sicurezza dei farmaci.
Ancora troppi farmaci nelle Rsa, ruolo chiave del geriatra
“La gestione del farmaco è un processo complesso, che diventa cruciale soprattutto nelle RSA, dove gli ospiti sono generalmente più anziani, più fragili e con più malattie croniche, rispetto agli anziani che non vivono in comunità – riferisce Alba Malara, presidente Fondazione ANASTE Humanitas -. Infatti, l’età media è di 85 anni, 70% donne, e la quasi totalità convive con quattro o cinque malattie croniche, con diagnosi di demenza in oltre la metà degli ospiti che in molti casi dipendono dall’assistenza per la maggior parte della vita quotidiana . Questo contesto di complessità clinica comporta l’assunzione di una media di circa 8 farmaci al giorno tra cardiovascolari, psicofarmaci e gastroprotettori, spesso con una pluralità di somministrazioni quotidiane, fino a 4-5 volte. La più diffusa interazione risulta quella derivante dalla combinazione di più psicofarmaci, che può aumentare il pericolo di cadute e peggiorare lo stato cognitivo, specialmente nei pazienti con demenza”.
Tra i risultati di maggiore interesse, emerge il ruolo del geriatra all’interno delle strutture residenziali: l’analisi dei dati dimostra che se questa figura è presente nelle RSA, si determina una riduzione significativa, tra il 24 e il 37%, delle interazioni tra farmaci. Ciò evidenzia l’importanza della competenza geriatrica non solo nella valutazione clinica, ma anche nella gestione appropriata e personalizzata delle terapie.











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