Il campione spagnolo è tra i protagonisti del Rally del Marocco al volante del Ford Raptor T1+. "Ho voglia di rimettermi in gioco dopo il ritiro alla Dakar del 2025. Sarà un'edizione particolarmente combattuta, ma abbiamo lavorato molto sulla vettura. La Ferrari di F1? Un estremo diverso rispetto alla Dakar"
Maria Guidotti
15 ottobre - 09:24 - ERFOUD
Carlos Sainz non smette mai di stupire. A 63 anni con due titoli iridati nei rally e quattro vittorie della Dakar (l'ultima nel 2024 con Audi) lo spagnolo è motivato come un ragazzino, a dimostrazione che l'età – talvolta – è solo un numero sulla carta d'identità. Figura di riferimento per tanti piloti al bivacco, Sainz ha una visione completa della corsa: strategia, velocità e coraggio. Sì, perché la Dakar resta una corsa estrema con il pericolo sempre dietro l'angolo. Lo ha potuto provare sulla sua pelle, Carlos jr che per un giorno ha lasciato la sua monoposto per provare l'adrenalina del Ford Raptor del padre in un terreno aperto, un piccolo assaggio di quello che potrebbe essere il suo prossimo capitolo dopo l'esperienza in F1. Lottatore sereno, abbiamo incontrato Carlo Sainz sul Rally del Marocco, ultima tappa del Campionato del Mondo Rally Raid e prova generale in preparazione della Dakar 2026 che lo vedrà nelle file del team Ford Factory.
Una volta ci ha confessato che ogni anno si guarda allo specchio e decide cosa fare da grande. Cosa si è detto dopo la Dakar 2025?
"La verità? Ero molto arrabbiato con me stesso. Quando lavori per un anno intero e alla fine non riesci a con concretizzare con un risultato, è doloroso. Ma poi… mi è tornata la voglia di rimettermi in gioco, di prepararmi come si deve. Non basta solo migliorare la macchina: serve preparazione fisica, sacrificio, dedizione totale. E quando sei un veterano, ogni anno devi prepararti ancora di più".
L'ingresso di Ford nel rally-raid ha alzato l'asticella.
"Assolutamente. Ford è entrata con un team serio. Ho una lunga storia con loro: sono stato il primo pilota ufficiale WRC per Malcolm Wilson, tanti anni fa. È bello essere di nuovo con lui, stavolta per provare a vincere la Dakar. È una sfida che mi motiva molto".
Il Rally del Marocco è l'ultimo banco di prova prima della Dakar. Quale il suo obiettivo?
"Semplice: valutare tutto il lavoro fatto durante la stagione. È la seconda Dakar per questo team, la prima è sempre difficile, ma oggi siamo più fiduciosi. Il Marocco serve per capire dove siamo rispetto agli altri e… sì, l'obiettivo è vincere".
Chi vede come principali rivali?
"La competizione è altissima. C'è Toyota con sei auto, Dacia, ci siamo noi. Direi che almeno 10-12 piloti possono puntare alla vittoria. Sarà una Dakar molto combattuta".
Che lavoro è stato fatto sul Ford Raptor?
"Sospensioni, peso, centro di gravità… siamo sempre alla ricerca di quel famoso ultimo step".
Cosa l'affascina ancora di questa sfida?
"Amo la competizione, lo sviluppo della macchina, il lavoro di squadra, la passione quotidiana per migliorare ogni dettaglio. Tutto questo mi tiene vivo".
Recentemente vi siete scambiati i ruoli con Carlos jr.
"È stato un giorno indimenticabile. Alla fine dell’anno scorso ho guidato una vera Ferrari F1 a Maranello ed è stato impressionante. Un missile. Così ho spinto affinché anche lui provasse la mia macchina della Dakar. Prima da copilota, per fargli sentire la velocità… poi è passato alla guida su un piccolo circuito. Si è divertito, e soprattutto ora capisce meglio cosa fa suo padre".
Cosa l'ha colpito di più della prova con Ferrari F1?
"La frenata, la potenza, la velocità, ma è un estremo diverso rispetto alla Dakar. Ogni specialità ha le sue difficoltà e spinge i piloti al limite. È il fascino del motorsport".
Le piacerebbe vedere un giorno suo figlio alla Dakar?
"Se lo vorrà, sarà una sua decisione. Penso che ci stia pensando… ma è ancora lontano. Abbiamo visto Fernando Alonso provarci, magari un giorno lo farà anche lui".
Cosa risponderebbe se suo figlio dicesse: "Papà, voglio fare la Dakar con te"?
"Non ci penso nemmeno. Non sarebbe sano per il nostro rapporto. Secondo, non lo sarebbe nemmeno per me. E terzo – ed è la cosa più importante – non sarei in grado di fare il lavoro del co-pilota al livello richiesto. Ho un'enorme ammirazione per i navigatori, ma non è il mio mestiere".
Potrebbe vincere la Dakar?
"Vincere la Dakar è tutt'altro che facile. Non fraintendermi: Carlos (jr) ha un grande controllo della macchina, un ottimo feeling. È un pilota eccezionale. Con il giusto lavoro, potrebbe provarci. Ma ripeto, non è semplice. Serve esperienza, velocità, costanza. Non basta presentarsi e vincere. Quei tempi sono finiti. Oggi servono test seri, preparazione e qualche anno di gare nel deserto".
Chi le piacerebbe vedere sulla Dakar tra i piloti di Formula 1? Magari Max Verstappen...
"Suo padre adesso corre nei rally (nel 2025 si è laureato campione nazionale in Belgio al volante di una Skoda Fabia RS Rally2). Sono sicuro che ha provato qualche macchina. Ma come ho detto, ogni disciplina è un mondo a sé. Non è scontato arrivare e vincere".
Quanto è difficile emotivamente seguire da padre la carriera di suo figlio in F1?
"È come un'altalena. Giorni felici, altri meno. Come è stato per me. Ma capisco i suoi sentimenti, li ho vissuti anch’io. Quando le cose vanno bene, sei al settimo cielo, quando vanno male, soffri con lui".
La emozionano di più le sue vittorie… o quelle di suo figlio?
"Quelle di mio figlio. Quando un figlio o una figlia hanno successo, ne sei orgoglioso. È una gioia diversa. Più profonda".