
intervista
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Il figlio della compianta bandiera della Juve, che lavora come match analyst per i bianconeri dal 2008: "Un uomo che ha vissuto nella semplicità. E in campo ha personalizzato il modo di fare il libero, come Beckenbauer"
G.B. Olivero
22 aprile - 09:42 - MILANO
Nelle case degli italiani la tristezza arrivò per voce di Sandro Ciotti, alla Domenica Sportiva: "Scusate, dobbiamo interrompere per una ragione veramente tremenda: è morto Gaetano Scirea". Nella casa di Andora, dove Riccardo Scirea era in vacanza con i nonni, qualche minuto prima era squillato il telefono: "Ci avvisarono così. Anche io poi mi misi davanti alla televisione. Mamma era da Anna Zoff: si sarebbero visti tutti insieme a Torino, papà di rientro dalla Polonia con il volo in arrivo alle 21 e Dino con la squadra di ritorno da Verona dove la Juve aveva vinto 4-1. All'inizio, e per un po' di tempo, era come se non ci volessi credere: un dolore così forte che lo rifiuti. Al punto da fare finta di nulla. Il mio cervello non elaborava la cosa. Poi io e mamma ci siamo fatti forza anche per rispondere alla tantissime manifestazioni d'affetto. E ho cercato di trasmettere l'esempio di papà ai miei figli". La vita del dodicenne Riccardo, in quel maledetto 3 settembre 1989, fu stravolta per sempre.