L'attacco di Trump alla
scienza, attraverso i tagli alle università e a istituzioni
federali che si occupano di cambiamenti climatici o sanità "ha
un effetto su tutti noi, perché nel momento in cui smettiamo di
indagare, per esempio, i cambiamenti climatici, per cercare di
capire come diminuirli e contenerli, nel momento in cui
arriviamo addirittura a non raccogliere più dati, anche per
quello che riguarda la salute, stiamo veramente rinunciando al
nostro strumento migliore per garantirci un futuro più sano, più
equo, tale da garantire alle persone di vivere meglio". Lo dice
all'ANSA la biologa a divulgatrice scientifica Barbara
Gallavotti, che al Libro Possibile, festival sostenuto da
Pirelli in corso a Polignano a Mare, è protagonista con il
matematico Alfio Quarteroni di un incontro dedicato all'IA, tema
al quale hanno dedicato i loro ultimi libri, 'Il futuro è già
qui. Cosa può fare davvero l'intelligenza artificiale' e
'L'intelligenza creata'.
"Gli effetti dannosi della politica trumpiana nei confronti
della scienza "sono già realtà - commenta Quarteroni -. Io ero
negli Stati Uniti all'inizio di questa primavera ed ho visto
dall'interno dell'università trasformazioni che sono radicali,
illogiche, immotivate, fatte con la legge del taglione,
letteralmente parlando. L'amministrazione Trump ha deciso di
tagliare i finanziamenti a interi settori per parole chiave,
quindi interi dipartimenti vengono dimezzati, ridotti a
dimensioni non più interessanti". Moltissimi ragazzi "hanno
perso il posto di lavoro, i dottorati - spiega il matematico - i
post dottorati. La cosa per certi aspetti veramente paradossale
è che tutto viene fatto senza una visione, senza una logica.
Sembra quasi su base vendicativa o puramente ideologica. La
speranza è che sia un momento di transizione. Tutti sperano che
con le elezioni di midterm dell'anno prossimo arrivi un
riequilibrio del Congresso e ci sia maggiore capacità oppositiva
a decisioni che appaiono del tutto illogiche e
autolesionistiche". Ora "stiamo già vedendo molte persone che
erano andate negli Stati Uniti, attratti dalle condizioni di
ricerca, cercare di tornare in Europa - osserva Gallavotti - .
Da una parte è un'ottima notizia, ma dall'altra vuol dire che si
sta distruggendo un tessuto di ricerca e di collaborazione che
non si può ricostruire poi con la stessa facilità".
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