Domati i magiari in una finale spettacolare, 15-13 con cinque gol di Granados e Sanahuja. L'Italia batte 9-8 gli Usa. Campagna: “Stare fuori dalle prime quattro non deve essere un dramma”
Franco Carrella
24 luglio - 17:10 - MILANO
La marcia reale della Spagna. Ecco il verdetto dei Mondiali di Singapore dopo una finale spettacolare con l'Ungheria che paga tanti errori in superiorità numerica: 15-13 (5-5, 2-1, 2-4, 6-2) con cinque gol di Granados e altrettanti di Sanahuja, in una partita caratterizzata da sorpassi e controsorpassi. Per la formazione di Martin è il quarto oro iridato, per il fuoriclasse Perrone è il miglior addio alla pallanuoto. Anche nel match del girone eliminatorio si erano imposti gli spagnoli, 10-9 in rimonta. Nella finale per il bronzo, la Grecia travolge la Serbia 16-7 (2-2, 6-0, 3-3, 5-2). Quinto posto alla Croazia, 19-13 sul Montenegro.
CONSOLAZIONE
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Pochi gol nella sfida per il settimo posto tra Italia e Stati Uniti, ma 32 minuti vivaci: il Settebello la spunta 9-8 (3-3, 2-1 2-2, 2-2) con doppiette di Ferrero e Di Somma. Senza Iocchi Gratta, che sconta la seconda delle quattro giornate di squalifica per l’espulsione rimediata nei quarti con la Grecia, gli azzurri conquistano il primo doppio vantaggio all’11 (5-3), ma gli americani rispondono colpo su colpo e tengono vivo il match fino al termine, sprecando negli ultimi secondi una doppia superiorità numerica. L’Italia chiude la finalina col 33% al tiro, gli Stati Uniti col 27%. Torniamo a casa tra i rimpianti, anche perché ci presentavamo a Singapore da vicecampioni in carica: la vittoria nella prima fase contro i campioni olimpici serbi, paradossalmente, ci ha consegnato un percorso più duro. Poi contro i greci è successo quello che successo. Era da mettere nel conto la ruggine accumulata dopo la squalifica post-Giochi, l’esordio stagionale è avvenuto appena il 9 giugno (contro l’Ungheria in amichevole a Napoli), peraltro con un gruppo rinnovato e con l’incognita delle nuove regole da scoprire per la prima volta. E Sandro Campagna non lo nega ai microfoni Rai: “Non sono scusanti, ma per fare esperienza c’è bisogno di giocare. E so di aver convocato anche qualcuno che non era al cento per cento. Dico sempre che partiamo per vincere, ma non vorrei che questo creasse aspettative troppo alte. Stare fuori dalle prime quattro per due volte di fila, nelle competizioni più importanti, non deve essere un dramma, anzi è nell’ordine delle cose, e basta guardare che cosa è accaduto alle altre squadre. La competitività è pazzesca e anche le sconfitte devono servire per il processo di crescita”. Poi il c.t. torna sul momento chiave della gara con la Grecia: “Ho detto a Iocchi Gratta che bisogna sapersi controllare, lo ha capito perché è un ragazzo buono e intelligente. Fino a quella metà partita avevamo giocato bene, poi anche nella semifinale per il quinto posto col Montenegro c’è stato un po’ di sbracamento ed è un peccato”. Quindi lo sguardo al futuro, tra l’Europeo di gennaio a Madeira e il lontano traguardo di Los Angeles 2028: ”In verità, adesso penso soltanto alle vacanze… Rifletterò con calma, ma ribadisco: chiunque sia l’allenatore, non si può pensare di centrare sempre una semifinale”. Ovvio che abbia bisogno di sentire piena fiducia attorno a sé, soprattutto nei momenti difficili. Che per fortuna sono stati pochi, in mezzo a tante medaglie.