Modric, luce a San Siro e un regalo per i 40 anni. "Ma ora spero che nessuno mi ricordi più l'età"

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Il croato è il sesto giocatore che ha tagliato il traguardo degli 'anta' a segnare in Serie A. E adesso Luka pensa a tutto tranne che all'anagrafe

Marco Pasotto

Giornalista

14 settembre 2025 (modifica alle 23:56) - MILANO

Quando giovedì scorso ha tagliato la torta di compleanno a Milanello, ovviamente ha puntato il bersaglio grosso: “Voglio solo un regalo, vincere trofei con voi”, ha detto ai compagni che lo applaudivano e se lo mangiavano con gli occhi. Poi, magari, Luka Modric in cuor suo si è pure detto che un gol nella settimana dei suoi 40 anni non sarebbe stato malaccio. E così sia. Si chiamano masterclass: lezioni specialistiche tenute da un esperto in un determinato campo. Allegri a inizio stagione aveva detto di lui: “E’ uno spettacolo perché, anche in allenamento, tocca più la palla d’esterno che d’interno”. Il gol no, è arrivato con un piatto di precisione, ma quasi tutto il resto Luka lo ha fatto con la parte esterna del suo piede destro. Colpisce con la naturalezza che agli altri non appartiene, perché per toccare d’esterno il giocatore normale prima ci pensa, poi si coordina e infine calcia. Lui no: esegue tutto alla stessa velocità con cui si occupa delle altre faccende. 

ANAGRAFE

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Modric si era già preso il Milan tempo fa. Diciamo a inizio estate, quando, anche se mancava la firma, era ormai ufficiosamente un giocatore rossonero. Il fiore all’occhiello di un mercato che sarebbe diventato convulso, ma nel quale il club voleva fortemente ripartire da una mediana risistemata e nobilitata. In giro per l’universo milanista c’è stato qualcuno che ha pure storto il naso: ha quasi 40 anni, ormai è una figurina, se va bene ne giocherà una ogni tre. Già. Proprio così. L’unica cosa corretta era la definizione anagrafica. Per il resto, a parte lo spezzone in Coppa Italia col Bari, Luka è sempre partito dall’inizio. Nelle ultime due partite ha giocato dal primo all’ultimo minuto e in entrambi i casi al novantesimo ha dato l’idea di essere serenamente a posto con i polmoni. San Siro si è alzato in piedi e lui ha ricambiato con uno di quei sorrisi che regala raramente. Un sorriso aperto, contagioso, quegli attimi di felicità che per una frazione di secondo hanno restituito la gioia a un popolo orfano dell’Europa. La casa del Diavolo e la casa di Modric. Ha scelto anche lui, come Rabiot, il progetto. Meglio un Milan in cerca di riscatto piuttosto che guardare troppo verso Oriente o destinazioni comunque meno nobili. Luka sta utilizzando il Milan nel suo viaggio verso il Mondiale, il Milan sta utilizzando Luka nel suo viaggio verso la Champions. Un nobile cambio merci, non c’è nulla di male. 

FUORICLASSE

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“Ora spero che nessuno mi ricordi più l'età – ha detto ridendo a fine gara -. Saelemaekers mi ha dato una gran palla, è stato facile segnare. Anche lui ha giocato una gran partita. Abbiamo lottato come squadra, stiamo acquisendo fiducia e ci conosceremo ancora di più, miglioreremo e recupereremo gli infortunati. La cosa più importante è vincere, ora dobbiamo concentrarci sulla prossima partita”. Perché Luka è così. Già proiettato alla prossima tappa, così come nel dopogara col Bari aveva speso il suo tempo per elargire una consulenza tattica a Okafor. Sono i dettagli che differenziano la testa del fuoriclasse da quella dei giocatori normali. Modric ha segnato, ma non solo. Ha toccato il pallone più di tutti – 66 volte -, con 37 passaggi positivi a fronte di 7 negativi. Percentuale schiacciante. Ma attenzione: ci sono anche 4 contrasti vinti e 9 palloni recuperati. Nessuno dei compagni ha fatto meglio in questa partita. Quel lavoro oscuro che equivale a prendere per mano la squadra, quell’atteggiamento che dà l’esempio: se mi sacrifico io che ho il Pallone d’oro in salotto e ho 40 anni, potete e dovete farlo anche voi. Modric si congeda da questa partita come il centrocampista con l’età più elevata a segnare un gol nella storia della Serie A, superando il record di Liedholm, e come il sesto quarantenne a segnare in A dopo Ibra, Costacurta, Piola, Quagliarella e Vierchowod. Meglio fermarsi qui con i richiami anagrafici, in fondo ha ragione lui a chiedere che nessuno gli ricordi più l’età. Anche perché, mai come nel suo caso, è soltanto un numero.

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