Il tecnico bianconero ha sempre schivato i dibattiti, ma quella frase è rimasta nella testa degli juventini. Che ora sono a punteggio pieno e vedono che dalle parole la Juve è passata ai fatti
"Un club come la Juventus non parte mai solo per qualificarsi in Champions League". Era il 23 agosto e, alla vigilia del debutto stagionale contro il Parma, Igor Tudor tracciava la linea per sé e per il suo gruppo che ancora aspettava di avere una forma definitiva negli ultimi giorni di calciomercato. In un mare magnum di dichiarazioni vuote o ripetute a pappagallo per schivare misunderstanding e strumentalizzazioni varie, l’allenatore croato stava già tratteggiando lo spirito con cui avrebbe affrontato questo 2025-26, l’anno secondo di una rivoluzione bianconera che al primo giro non è riuscita a decollare. Era in parte una dichiarazione d’intenti, un messaggio alla società e a tutti gli addetti ai lavori per chiarire in un tweet qual fosse il suo approccio al lavoro: niente limiti, solo così si può puntare in alto. Oltre a questo, però, quella frase era anche un messaggio a ogni singolo calciatore della squadra: al diavolo la prudenza, se non si ha il coraggio di guardare verso la vetta allora non si ha la stoffa per vestire la maglia della Juventus. Adesso, quella vetta chiamata scudetto, la Signora sta cominciando a guardarla davvero.
Sotto pelle
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Sabato, a ora di cena, all’Allianz Stadium è successo di tutto: il primo vantaggio e poi il secondo, la rimonta subita per mano dell’Inter, il pareggio e infine il gol decisivo firmato al 91’ da un diciannovenne lanciato a sorpresa dalla panchina e dotato del coraggio necessario per non soffrire – o per ignorare – il peso della maglia anche nel rovente vulcano del derby d’Italia. Tudor ha sempre deciso di schivare griglie di partenza o dibattiti su chi è favorito in un match o nell’altro ma, due giorni prima del gol pazzesco di Vasilije Adzic, aveva ribadito il concetto del 23 agosto: "È ovvio che lotteremo per lo scudetto". Attenzione, però, perché nel vocabolario del tecnico croato queste uscite non vanno assolutamente scambiate per arroganza, ma sono mantra per infondere consapevolezza e senso di appartenenza in tutti i giocatori. Il famoso dna juventino, insomma. Non è certo un caso che alla fine di Juventus-Inter il giovane nazionale montenegrino sia “inciampato” nello stesso esatto concetto: "Adesso dobbiamo continuare a lavorare, giorno dopo giorno, e lotteremo per lo scudetto come ha detto il mister". Se pure il più giovane e meno utilizzato della rosa si ritrova a pronunciare le parole d’ordine dello spogliatoio, significa che alla Continassa non c’è spazio per chi rema dalla parte opposta. Senza risparmiarsi verso la vetta, anche se sulla salita, durante il percorso, esiste il rischio di farsi male.
La strada
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Domani comincia già la zuffa del maxi-girone della Champions League e la testa dei bianconeri sarà tutta pervasa del giallonero del Borussia Dortmund. Prima della prossima sosta dedicata alle nazionali (11-12 ottobre), la squadra capitanata dall’ex Emre Can non sarà l’unica piacevolissima “distrazione” dalla Serie A (c’è anche la trasferta in casa Villarreal), ma in campionato un obiettivo può essere quello di arrivare a Juventus-Milan del 5 ottobre a punteggio pieno. Sabato, dopo la sfida ai tedeschi, la missione sarà quella di non sottovalutare assolutamente la trasferta di Verona e poi, sette giorni dopo, arriverà all’Allianz Stadium l’Atalanta di Ivan Juric, chissà in quale fase del passaggio ereditario del post Gian Piero Gasperini. Con coraggio, il percorso per puntare in alto passa da lì.