
Dopo il Mondiale, il play è stato il migliore dei suoi anche nel trionfo europeo. Ma negli Usa andrà nella decima squadra (Kings) in 10 anni perché non si fidano del tutto del suo genio e sregolatezza
Da Mvp del Mondiale nelle Filippine a Mvp dell’Europeo a Riga. Dennis Schroeder ne ha fatta di strada negli ultimi due anni. Ha trascinato la Germania prima al trionfo iridato, poi a quello continentale da miglior giocatore di entrambe le rassegne. Vincente e continuo come mai in carriera, sinora. Mai in Nba, perlomeno. Dove gira come una trottola di città in città, di squadra in squadra. Cambia maglia con la stessa frequenza con cui una teenager cambia le scarpe. In nazionale è una certezza, oltreoceano una variabile imprevedibile, scheggia impazzita. Nella finalissima in Lettonia contro la Turchia, partita splendida per qualità di gioco e coralità delle contendenti, ha segnato gli ultimi sei punti, ha avuto l’ultimo canestro e l’ultima parola. Non ha paura sotto pressione. Vuole la palla in mano. Qualche pasticcio, ma tante magate. E allora perché in Nba - volerà presto a Sacramento – i Kings saranno, a 32 anni ormai, li compie proprio oggi, la sua decima squadra in 13 stagioni?