La fake news su LeBron incinto. Lui diffida gli sviluppatori di una AI generativa

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Sul web sono diventate virali immagini deep fake che ritraggono il campione in situazioni surreali

Giacomo Martiradonna

26 luglio - 16:24 - MILANO

Sul divano, con la coda da sirenetto, in pose assurde o addirittura col pancione di nove mesi. Nelle ultime settimane, sui social network si sono moltiplicati immagini e video falsi, diventati rapidamente virali, che mostrano LeBron James in situazioni decisamente improbabili. Contenuti generati dall'intelligenza artificiale e capaci di catalizzare milioni di visualizzazioni in poche ore. Ma la star dell'NBA, tra i protagonisti del franchise Space Jam, non ci sta e ha deciso di adire le vie legali inviando una diffida formale agli sviluppatori dell'AI coinvolta nella vicenda.

Il caso di Jason Stacks

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Tra i primi a ricevere la diffida da parte dei legali di James c'è Jason Stacks, fondatore dell'AI e della piattaforma attraverso cui è stata generata e diffusa la maggior parte dei contenuti contestati dal campione. A rivelarlo è stato lo stesso Stacks, con un breve video sui social network in cui non ha nascosto il timore delle possibili conseguenze legali: "Sono fott...", esordisce. "Questa è una lettera da uno dei più grandi giocatori NBA di tutti i tempi", ha affermato, mostrando visibilmente preoccupato il documento ricevuto. Il giovane imprenditore aveva inizialmente lanciato l'idea come un progetto hobby, un divertissement per consentire a vari creator di monetizzare con video surreali. C'è voluto poco però perché la cosa gli sfuggisse di mano.

Le foto Fake di LeBron James e la diffida

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Quello di LeBron James rappresenta uno dei primi casi in cui una super celebrità decide di agire contro gli sviluppatori di tecnologie AI che permettono la produzione non consensuale di immagini della propria persona, anche se non esplicitamente a sfondo sessuale. I dettagli precisi della diffida non sono stati resi noti, né dai legali del cestista né dagli sviluppatori coinvolti. Tuttavia, gli effetti immediati sono stati evidenti e diversi account Instagram che diffondevano i contenuti controversi sono subito evaporati.

I contenuti contestati

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Le immagini e i video oggetto del contendere ritraggono LeBron James in pose insolite e situazioni paradossali. La più eclatante e virale è quella del campione in avanzato stato di gravidanza. La rapidità con cui tali contenuti hanno invaso i social ha costretto il team della startup a intervenire, eliminando la possibilità di generare video e immagini di persone reali. "L'intelligenza artificiale generativa è il Far West in termini di copyright e proprietà intellettuale, ma ci impegniamo a essere dalla parte giusta di questo cambiamento", ha dichiarato Stacks.

Cos'è il Brainrot e perché ha successo

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Le immagini di LeBron incinto fanno parte di un fenomeno più ampio chiamato Brainrot, termine definito dall'Oxford Dictionary come parola dell’anno 2024. Il lemma indica contenuti digitali di qualità bassissima ma capaci, per assurdo, di macinare milioni di visualizzazioni. Letteralmente "putrescenza cerebrale", il Brainrot comprende video e immagini volutamente assurdi, spesso martellanti e ripetitivi, che catturano l’attenzione degli utenti per il loro effetto straniante. Secondo Oxford, la diffusione massiccia di questo tipo di foto e video, molto apprezzati dalle generazioni Zeta e Alpha, ha portato solo nell'ultimo anno a un aumento del 230% nell'utilizzo del termine (che però esiste da più di un secolo). È, in termini fenomenologici, l'equivalente in peggio del "buongiornissimo caffè" dei boomer.

Gli altri casi

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Diversi personaggi pubblici, come la cantante Taylor Swift e il conduttore televisivo Steve Harvey, sono stati bersaglio di contenuti non consensuali generati da AI, spesso dai toni grotteschi o sessualmente espliciti. Il fenomeno ha raggiunto proporzioni tali che negli Stati Uniti è stato proposto un disegno di legge, il No fakes act, finalizzato a tutelare l'identità e l'immagine dei soggetti colpiti. "In questa nuova era dell'intelligenza artificiale", ha dichiarato Maria Salazar, deputata e co-firmataria del progetto di legge, "abbiamo bisogno di leggi reali per proteggere persone reali".

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