Dopo l'exploit di Motegi, Pecco ha floppato a Mandalika prima e a Philip Island poi, facendo sfumare l'idea di un "Mondialino" con Marquez e Bezzecchi. Il rapporto con il team Lenovo sembra sempre più difficile: Bagnaia ha un contratto fino al 2026, ma intanto a Borgo Panigale si stanno già guardando intorno...
Massimo Falcioni
19 ottobre 2025 (modifica alle 13:13) - MILANO
Di fronte all’ennesimo weekend nero di Pecco Bagnaia, conclusosi con la chiusura dell’anteriore e la conseguente scivolata nella ghiaia della curva Siberia del circuito di Philip Island- a due soli giri dalla conclusione, mentre si trovava al dodicesimo posto – s’impone la domanda: cosa è accaduto dopo il doppio successo di Motegi di fine settembre, al pilota piemontese del team Lenovo?
bagnaia, niente mondialino
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Già’, perché proprio quella duplice affermazione in terra nipponica era apparsa così autorevole e convincente da far pensare ad una sorta di spartiacque decisivo nella sua stagione, ponendo le premesse per un’ultima parte di campionato composta da 5 gare in cui Pecco avrebbe potuto giocarsi una sorta di “Mondialino” in primis con il fresco vincitore del mondiale e compagno di team Marc Marquez e poi con un Marco Bezzecchi sempre più veloce, consistente e costantemente in lotta per il primato di ogni singolo Gran Premio. Invece a Philip Island, nonostante si sia presentato in veste di “team leader”, vista l’assenza per infortunio del fortissimo compagno di squadra - esattamente come a Mandalika una settimana prima - Bagnaia è stato protagonista di un weekend incolore, senza acuti e indecifrabile nella sua lettura.
il crollo dopo motegi
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E dire che nella gara lunga, Pecco è parso avere tra le mani una moto più equilibrata ed in grado di trasmettergli sensazioni più “solide” rispetto alla sprint race del sabato, in una giornata in cui, peraltro, Ducati (giunta seconda e quarta al traguardo rispettivamente con Fabio Di Giannantonio e Alex Marquez) è apparsa nel complesso decisamente più performante e a suo agio tra i curvoni ampi e veloci e le staccate “decise” del circuito di Philip Island. Tuttavia, dopo lo start, Bagnaia, nel corso dei primi 4 giri ha perso ulteriore terreno, scivolando dalla 14esima alla 18esima posizione; per poi riprendere - inspiegabilmente - ritmo, iniziare a girare a 2-3 decimi dai primi della corsa e risalire fino ad agguantare dopo il sorpasso su Quartararo, il dodicesimo posto. Posizione che, seppur poco significativa in senso generale, ma accompagnata ad un “passo gara” a tratti buono, pareva costituire un netto progresso rispetto alla tribolata sprint race del sabato, conclusa al 19esimo e penultimo posto, davanti al collaudatore e compagno di team Michele Pirro e girando anche di 2.5 secondi al giro più lento rispetto alla testa della corsa. Intervistato il sabato dopo la sprint race, le dichiarazioni di Bagnaia erano parse abbastanza eloquenti dal punto di vista tecnico, nel momento in cui ha spiegato di sentirsi come un “passeggero” in sella alla moto, per descrivere l’eccessivo movimento avvertito sulla sua moto. Pecco aveva altresì chiarito che la moto utilizzata in Indonesia e Australia è sostanzialmente la stessa impiegata in Giappone, ma nonostante questo mentre a Motegi tutto funzionava alla perfezione, inspiegabilmente, nelle due settimane di gara successive, la situazione è di nuovo peggiorata a livello di feeling, con il pilota letteralmente in balia della sua moto. In particolare, Pecco ha affermato che: “Dall’Austria in poi, tutto ha iniziato a peggiorare. Pur avendo, Ducati, ricostruito la moto 4-5 volte sempre allo stesso modo, come hanno fatto in passato, per qualche motivo le prestazioni non sono più le stesse. Il team sta cercando di lavorare su questo e per capire cosa sta succedendo”. Bagnaia, interpellato inoltre circa la performance che avrebbe potuto aver Marc Marquez qualora fosse stato presente a Philip Island, ha replicato con convinzione che certamente lo spagnolo “sarebbe salito sul podio”.
pecco lontano dalla ducati
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Dichiarazioni abbastanza significative che fanno emergere, nel complesso, il quadro di un pilota che, da un lato non riesce sostanzialmente a spiegarsi i motivi per i quali sia riuscito a realizzare un magnifico exploit - tre settimane fa a Motegi - e dall’altro non ha consapevolezza dei fattori che lo limitano nella performance, navigando praticamente alla cieca, non solamente alle prese con una crisi tecnica e prestazionale in termini di feeling, ma con una sorta di “resa” professionale e personale di fronte ad una situazione che pare a lui, in primis, indecifrabile. Dopo i trionfi di Motegi, Bagnaia era atteso alla prova del nove. Dal punto di vista tecnico, con telaio, forcella, forcellone, aerodinamica ed abbassatore 2024, un feeling assoluto con la moto apparentemente ritrovato ed un morale inevitabilmente rigenerato, il tracollo registrato in Indonesia e Australia è pesante. Una duplice debacle, peraltro condita da due cadute consecutive in gara e un “doppio zero” a livello di punti raccolti, che innanzitutto gli fa perdere il terzo posto in campionato, con un meno 8 in classifica. Ma soprattutto allontana sostanzialmente sempre più Pecco dalla galassia Ducati. La stagione di Bagnaia è stata segnata dalla sue continue e crescenti difficoltà nel cercare di comprendere e interpretare la moto, costringendo di fatto il team a interventi mirati e probabilmente anche non sempre “coerenti” da un punto di vista tecnico per cercare di riportarlo ad essere competitivo. Lo sviluppo del campionato ha messo in mostra un Bagnaia quasi sempre incerto, poco lucido e “reattivo” nello scegliere la strada tecnica da intraprendere e da portare avanti con costanza e continuità, quasi come bloccato a livello psicologico, nella sua capacità di raccogliere sensazioni concrete avvertite in sella alla moto ed “immagazzinarle” poi a livello di feedback “solido ed univoco” utile non solo alla sua squadra, ma pure a se stesso. Ciò ha finito per generare incomprensioni e acuire le reciproche distanze, non solo tra il pilota e il suo team, ma anche con gli stessi vertici di Ducati. Lo stesso rapporto, se non altro sotto il profilo della comprensione e comunicazione, con il direttore generale di Ducati Corse, Gigi Dall’Igna, appare sempre più difficile e compromesso. Le continue dichiarazioni del pilota, spesso contrastanti e sospese tra richieste anche piuttosto decise di spiegazioni alla squadra per la mancanza di prestazioni in pista e poi, a stretto giro di posta, il “fare ammenda” e il chiedere scusa allo stesso team e a Ducati per le prestazioni a tratti imbarazzanti in pista, hanno logorato in modo forse decisivo il feeling del pilota con la Casa di Borgo Panigale.
i possibili sostituti di bagnaia
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A questo punto è legittimo chiedersi se, al di là delle dichiarazioni di facciata, sia costruttivo ed utile ad entrambe le parti - al di là del ricco contratto che lega ancora Pecco Bagnaia a Ducati fino a fine 2026 - proseguire assieme per un’altra stagione. Il prossimo campionato potrebbe prefigurarsi in veste da “separato” in casa per un pilota ormai demotivato e sfiduciato sia dalle proprie prestazioni e conseguentemente anche dal suo team. Non è un caso che a Borgo Panigale stiano vagliando alcuni profili di piloti giovani che potrebbero prendere il posto del due volte campione del mondo MotoGP. In primis, Pedro Acosta, che viene considerato la futura superstar della MotoGP; Fermin Aldeguer, in veste di scommessa immediata e già in parte vinta; oppure, David Alonso come investimento a lungo termine. Senza poi disdegnare, come obiettivo prestigioso e un po’ più a lungo termine, la prospettiva di ingaggiare Fabio Quartararo - legato da un contratto di 12 mln l’anno con Yamaha fino a fine 2026 - ma sempre più scontento per la mancanza di un salto di qualità nelle prestazioni da parte della casa del Diapason, tuttora sospesa tra lo sviluppo del nuovo motore V4 ancora acerbo in termini di prestazioni assolute e le ulteriori evoluzioni di un motore in linea ormai “spremuto” e giunto a “fine corsa” in termini di rendimento e performance. Insomma, a questo punto, tutto può accadere.