Karel, il post sul padre ammalato e il silenzio degli amici: "Posto ogni giorno, stavolta è partita la dietrologia. Mi disse di non fare l'allenatore: 'Sono scomodo, avrai mille difficoltà'"
Il "pretesto" è un post, in questa vita a volte orientata dai social: c’è un figlio che abbraccia il papà, sorridono entrambi, e poi sotto c’è una frase - "Alla fine non ricorderemo le parole dei nostri nemici, ma il silenzio dei nostri amici" - che spinge oltre. Karel Zeman ha 48 anni, va in panchina da... 46 (eh sì, l’avreste mai detto?), e con Zdenek - il padre - condivide il peso di un’eredità dolcemente ingombrante.
La prima domanda è inevitabile: come sta il babbo?
"È in progressivo miglioramento, il percorso riabilitativo procede e rispetto a ciò che ha subito si può essere soddisfatti".
La seconda la impongono Facebook e Instagram...
"Io tutti i giorni pubblico un pensiero di personaggi famosi: ma sono espressioni nelle quali mi rivedo in quel momento. Sono riferimenti a me stesso e però stavolta è partita la dietrologia...".
Zdenek con gli occhi di Karel.
"Il mio eroe, anche se fosse stato un papà come gli altri. Io fino ai sei anni dormivo tra le sue braccia. A due ha cominciato a portarmi agli allenamenti".

L’ha fatta nascere in panchina.
"Osservando il calcio alla sua maniera, inseguendo la bellezza. Mai visto una squadra rapire gli sguardi come le sue. Non ce ne saranno altre così".
Un educatore.
"Ha praticato cinque o sei sport anche ad ottimi livelli. Io, che mi sono dato al basket e al calcio, rispetto a lui sono un pigro".
Quando Karel decide che vuole essere Zeman?
"Glielo dissi il giorno in cui mi laureai, 110 e lode, a Roma, in Lingue: 'Ho studiato perché sapevo che ti avrei fatto felice ma voglio provarci anch’io'. Risposta: 'Fai quello che vuoi, tranne questo. Sono diventato scomodo, incontrerai mille difficoltà'".
E però si presentò al campo.
"Lo convinsi. 'Voglio vederti a San Siro', disse. E mi scoccia non esserci ancora riuscito".

Difficile essere figlio di Zeman?
"Penso che questo concetto abbia pesato più negli altri che in me. Io ne sono orgoglioso".
Il Karel allenatore non molla.
"Ieri dicevo: basta con il calcio, ormai è un capitolo chiuso. Poi dopo un’ora, ovviamente, avevo superato quest’idea. Sospetto che gli altri abbiano meno fiducia in me di quanto ne abbia io".
Disse Zdenek, tempo fa: Karel è più bravo di me.
"Mi viene da dire con ironia che a volte ha ragione e altre no".
Perché poi, sorridendo, si può sottolineare che in effetti anche "il boemo" ha qualche difetto.
"Fumare. Ci ho provato anche io da ragazzo, per fare il figo, ma mi dava e mi dà fastidio".
Il miglior Karel?
"A Reggio Calabria e a Lavello, in C e in D. Esperienze di un anno intero di lavoro, con risultati che riempivano di soddisfazione. Con la Reggina entrammo in crisi, mi confrontai con Gabriele Martino che mi aveva voluto, capii che dovevo lasciare il tridente. Funzionò. Però per luoghi comuni siamo integralisti".
Il miglior Zdenek?
"Ho vissuto Foggia nella fase formativa, inevitabile che ripensi a quelle stagioni. Ma Pescara e Licata non si dimenticano".

Quando la rivedremo in panchina?
"Siamo ottimisti, dai. Ho anche postato: se i migliori non si impongono ai peggiori, i peggiori si imporranno ai migliori...".