Jorginho: "Con Gattuso non ho parlato, ma il Flamengo può autarmi a tornare in azzurro"

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Il centrocampista: "Io ci credo ancora. Non mi tirerei indietro. Io allenatore? Ci sto pensando..."

Dal nostro inviato Filippo Cornacchia

29 giugno - 11:18 - ORLANDO (STATI UNITI)

Un Mondiale tira l’altro. “Vincere con il Flamengo mi potrebbe aiutare a riconquistare la Nazionale italiana in vista della Coppa del mondo 2026, io ci credo ancora”, assicura Jorginho, che stasera a Orlando (alle 22 orario italiano) si giocherà l’accesso ai quarti contro il Bayern. “Siamo qui e vogliamo andare avanti, altrimenti sarebbe inutile esserci”. 

Come mai ha scelto il Brasile e il Flamengo? 

“Volevo tornare nel paese dove sono nato e cresciuto fino ai 15 anni. Ho lasciato il segno in Italia, in Inghilterra e voglio ripetermi in Brasile. Ho scelto il Flamengo anche per stare vicino ai miei genitori e a mia sorella. E poi ho uno zio che è malato di Flamengo e ha una foto di me da piccolo con la maglia rossonera. Se sono qui è perché ho voglia di fare qualcosa di importante in una big brasiliana, sto ancora bene”. 

Che livello di calcio ha trovato in Brasile? 

“Le squadre brasiliane sono forti, preparate e stanno migliorando tanto a livello tattico. Io non ci avevo mai giocato, però guardavo le partite e mi sembrava un po’ diverso. La qualità dei giocatori brasiliani la conosciamo tutti e adesso questa competizione è l'occasione per vedere a quale livello siamo arrivati”. 

Ma lei si sente più brasiliano o italiano? 

“Me lo chiedono tutti, ma la realtà è che io mi sento metà e metà. In tante cose sono brasiliano e in altre italianissimo. Nel rapporto con il cibo, nella mentalità sul lavoro e negli aspetti tattici sono italiano. Ho il cuore diviso, del resto ho trascorso più della metà della vita in Europa”. 

L’Italia rischia di star fuori da un altro Mondiale: che idea si è fatto dal Brasile? 

“Siamo sorpresi e dispiaciuti un po’ tutti, perché l'Italia deve stare nell'élite del calcio mondiale. Speriamo torni a far sognare i tifosi”. 

Il nuovo ct Gattuso ha detto di aver telefonato a 35 giocatori: ha chiamato anche lei che nel 2021 è stato protagonista del trionfo all’Europeo? 

“Sinceramente con Gattuso non ho parlato. Ma fino a quando giocherò ad alti livelli, rappresentare il paese che amo e che mi ha dato l'opportunità di vivere il mio sogno sarà sempre un onore. Se il ct pensa che io possa essere utile, non mi tirerò indietro. Non rifiuterò mai una convocazione. Vincere il Mondiale col Flamengo potrebbe servirmi anche per tornare in Nazionale, è una competizione internazionale che stanno guardando in tanti. Essere qui in America è una buona vetrina”. 

Ultimamente sembra ci sia meno amore per la maglia azzurra e c’è addirittura chi ha rifiutato la convocazione… 

“Io finché sono stato in Nazionale non ho mai visto nessuno che non avvertisse l’amore per la maglia, non credo che possa succedere. Posso parlare per me: una volta che ti metti quella maglia lì non pensi mai di risparmiarti, è impossibile. Hai lavorato tutta la vita per essere lì, ci arrivi e realizzi il tuo sogno da bambino e cosa fai, lo butti via? E se non fosse più il sogno di bambino, beh allora sarebbe un errore”. 

Come vede Gattuso ct? 

“E’ un allenatore importante e di carattere, che può tirare fuori tante cose dai ragazzi, credo sia capace di ricavare il meglio. Ma poi alla fine sarà il risultato a contare. Sono convinto che si possa ancora andare al Mondiale, bisogna crederci. Le cose per l'Italia non sono mai state facili, abbiamo sempre dovuto sudare, sudare e sudare. Fa parte del gioco e bisogna crederci. Io ci credo”. 

Adesso che vede da vicino la realtà brasiliana ha capito perché in Italia si producono meno talenti che in sudamerica? 

“Domanda difficile e risposta complessa, faccio fatica a fare un’analisi. Si parla tanto dei giovani che non vengono più fuori, forse c'è una motivazione molto più profonda e che parte da più lontano rispetto a quello che si sta vedendo adesso. Poi alla fine vedi che l'Inter fa due finali di Champions e fai un po’ fatica a definire il calcio italiano in crisi”. 

Nel Flamengo gioca con Wesley, il terzino destro brasiliano nel mirino di Juventus e Roma: è pronto per l’Italia? 

“Ha tanto potenziale e molto da imparare, non mi sorprenderebbe se facesse una grande carriera in Europa”.

Lei è uno dei pochi italiani a conoscere Cuesta, il nuovo allenatore del Parma: avete lavorato insieme all’Arsenal. Sorpreso dalla scelta del club emiliano? 

“No. Carlos è un ragazzo molto preparato: uno che studia tanto e ha imparato parecchio da Arteta, di cui era collaboratore nell’Arsenal. Ha già lavorato nelle giovanili della Juventus, è un ragazzo per bene, faccio il tifo per lui. Spero che gli vada tutto bene perché se lo merita. Ha un bel futuro”. 

E lei inizia a pensare a un post carriera da allenatore? 

“È una domanda che mi sto facendo. In tanti mi dicono: hai un futuro, devi farlo. Io ho sempre pensato che boh, non lo so, non vorrei perdere i capelli per lo stress. Ci sto pensando, potrebbe essere una seconda carriera”. 

Di maestri ne ha avuti tanti: da Sarri ad Arteta… 

“Quando lavori con molti allenatori così bravi impari un po’ da tutti, la parte difensiva da questo, quella offensiva da quello, la gestione del gruppo da un altro. Alla fine sta a te assorbire il meglio da ognuno”.

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