James Lowe: il neozelandese d'Irlanda che sognava gli All Blacks

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Lo raccontano i suoi ex allenatori: al college di Nelson è un eroe, l'artrite a 15 anni e la guarigione, la mancata convocazione, i Maori e la decisione di volare in Europa, fino alla meta segnata ai neozelandesi nel 2021

Roberto Parretta

31 ottobre - 16:58 - MILANO

Per tre giocatori in maglia verde d'Irlanda, la sfida di sabato sera al Soldier Field di Chicago sarà come guardare ancora una volta da vicino quello che sarebbe potuto essere, ma che non è stato. La ‘sliding door’ che li ha portati a pensare che, piuttosto che rischiare di non indossarla, sarebbe stato più probabile ritrovarsela contro da avversari. Anche se ormai, chi più o chi meno, si saranno abituati a giocare contro gli All Blacks. Saranno ben tre i neozelandesi che sabato sera indosseranno la maglia dell’Irlanda nella sfida alla nazione che ha dato loro i natali e che li ha cresciuti: James Lowe, Jamison Gibson Park e Bundee Aki. Un’emozione per loro ovviamente molto diversa e particolare rispetto a tutte le altri grandi sfide internazionali, ma che coinvolge anche tutti quelli che li hanno conosciuti nel corso della loro carriera in patria.

il primo coach

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Come nel caso dell’ala James Lowe, 33 anni, 40 caps e 17 mete con l’Irlanda. E’ nato a Nelson, una cittadina balneare a nord dell’isola sud, che tra l’altro ospitò il quartier generale dell’Italia ai Mondiali del 2011 e dove il 14 maggio del 1870 si giocò la prima partita di rugby sul suolo neozelandese. “Se fosse rimasto in Nuova Zelanda, sarebbe stato di certo un All Black”, ha raccontato Peter Griggs, che allenò Lowe al college tra il 2008 e il 2010. “Era a un passo dagli All Blacks, ma è sempre stato una persona libera, una mente libera e capace di fare anche cose un po’ strane. Ero un po' incavolato quando non lo scelsero, perché, a quanto ricordo, c'era un tour in cui avevano portato una squadra solo alle Figi o da qualche parte del genere. E se lo avessero fatto esordire, non avrebbe più potuto cambiare per diversi anni. Lo ammetto, avrei preferito che avesse giocato per gli All Blacks. Mi chiedevo sempre cosa possa avere pensato le prime volte che ha dovuto cantare l’inno irlandese. L’ho capito l’ultima volta che ci ho parlato, quando era evidente che il suo cuore ormai fosse in Irlanda”. Griggs ammette anche di avere commesso un errore di valutazione sul bel piede che poi Lowe ha dimostrato di possedere: “Con la palla in mano era pericoloso e veloce, per quello non volevamo che calciasse. Al college era popolarissimo, praticamente un eroe. Nello spogliatoio della squadra abbiamo le foto di nostri ex giocatori diventati All Blacks, ma su un lato ce ne è una sua praticamente a grandezza naturale. Ogni volta che torna qui, porta con se del materiale per la squadra, si cambia e si allena con noi, è talmente umile che si presta anche a fare il water boy, non ha dimenticato da dove viene”. Griggs rivela anche che quando fu scelto per il college, Lowe aveva un grave problema fisico: “Aveva 15 anni e noi di solito non prendevamo ragazzi così giovani. Aveva una forma di artrite causata da un’infezione che lo costrinse a restare fermo per un anno. Non fu facile riprendersi, ci volle tutto il sostegno della famiglia e della scuola. Ma lo abbiamo aspettato perché sapevamo di avere fra le mani un grande prospetto”.

capitano

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C’è poi un posto, sempre nell’isola sud, che a causa di Lowe oggi si ritrova a tifare anche per l’Irlanda: è il Waimea Old Boys Rugby Club, dove, dopo avere lasciato il college, ha giocato e vinto il campionato. “Più precisamente, tifiamo Irlanda solo se non ci sono di mezzo gli All Blacks”, specifica Dion Mytton, che allenò Lowe nel club. “C’è uno di noi con la maglia dell’Irlanda, è dura, fa parte della nostra famiglia, ma speriamo sempre che a vincere siano gli All Blacks. L’Irlanda viene, diciamo, al secondo posto”. Mytton che fece di Lowe subito il suo capitano, soprattutto per un motivo: “Veniva dal Nelson College dove era considerato una superstar e al primo anno da noi si ritrovò subito a confrontarsi non più con ragazzi come lui, ma con uomini fatti e finiti. Quindi si è trovato di fronte alle prime difficoltà, soprattutto mentali. E doveva trovare la giusta posizione, ma in un anno aveva già completato il suo percorso. E nominarlo capitano lo ha spinto a crescere in fretta".

maori e lions

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E appena la scorsa estate Lowe è entrato nella storia diventando il terzo giocatore ad avere giocato contro e per i Briths&Irish Lions, dopo l’irlandese Tom Reid (1955 e 1959) e l’inglese Riki Flutey (2004 e 2009). Nel 2017, invece, l’allora 24enne Lowe sfidò i Lions con la maglia dei New Zealand Maori a Rotorua (10-32), per poi collezionare due caps nel tour in Australia dello scorso giugno. “Mia mamma è maori e questo rese possibile la mia convocazione”, ha poi raccontato Lowe. “Affrontai quelli che di lì a breve sarebbero stati i miei compagni di squadra a Leinster, come Tadhg Furlon, Johnny Sexton, Sean O’Brien e Jack McGrath, io giocavo estremo con Nehe Milner-Skudder e Rieko Ioane alle ali. Non fu un test semplice, alla fine scambiai la maglia con Leigh Halfpenny”. Tre anni dopo, grazie alle regole sulla cittadinanza, Lowe avrebbe esordito con la maglia dell’Irlanda, con la quale avrebbe poi vinto due Sei Nazioni. E nel 2021 segnerà anche la sua prima e unica meta agli All Blacks, nella vittoria per 29-20 a Dublino. “Mai avrei pensato che sarebbe arrivato il giorno in cui avrei segnato una meta agli All Blacks”, raccontò poi. “Fin da bambino sognavo di essere un All Black, ma è una cosa comune in tutti i neozelandesi che giocano a rugby. A quel sogno a un certo punto ho rinunciato, non ero abbastanza bravo quando ero al massimo. Ma avere potuto sfidare la squadra più forte del mondo, i miti del rugby, ascoltare l’inno e fronteggiare la haka, è stato comunque realizzare quel sogno, seppure dall’altra parte”. E sempre dall’altra parte si ritroverà sabato a Chicago, anche se ormai sarà la settima volta e ci si sarà abituato.

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