I dati registrati a Milano evidenziano che i più alti livelli di emissioni di polveri sottili si registrano in occasione degli scioperi del trasporto pubblico. Evidenziando un'incompatibilità tra diritto di sciopero e tutela di ambiente e salute, oltre ai disagi per i cittadini
Valerio Boni
24 novembre - 11:43 - MILANO
In questi giorni la cronaca ha riportato nuovamente alla ribalta il problema dell'inquinamento atmosferico nelle città dell'area padana, che si ripresenta ciclicamente ogni autunno. Milano e altre località limitrofe si sono viste costrette ad adottare misure drastiche, imponendo blocchi del traffico per cercare di arginare i livelli preoccupanti degli inquinanti nell'aria. Da martedì, e fino al termine dell'emergenza, nelle province lombarde di Milano, Bergamo, Brescia, Monza, Pavia, Lodi, Cremona e Mantova sono scattate le limitazioni temporanee di primo livello, che prevedono il blocco dei diesel euro 4 anche se dotati di filtro antiparticolato. Un'emergenza, quella della qualità dell'aria, che è resa ancora più critica dalle condizioni meteorologiche stagnanti e dall'accensione degli impianti di riscaldamento, fenomeni tipici di questo periodo dell'anno.
questione di priorità
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Tuttavia, c'è un elemento di cui si parla poco, ma che incide fortemente su questa situazione già di per sé complessa: gli scioperi dei trasporti pubblici. Questa forma di protesta, pur avendo una lunga storia e una legittimità costituzionale, mostra oggi una certa inadeguatezza rispetto agli obiettivi prefissati. L'astensione dal lavoro degli operai è sempre stata la forma di protesta più naturale, capace di dare risultati concreti. Lo sciopero classico sembra ormai essere meno efficace rispetto ad altre forme di protesta più moderne e mediatiche, come presidi simbolici in eventi di rilievo o l'utilizzo di piattaforme digitali per creare un impatto significativo senza arrecare danni collaterali alla popolazione e all'ambiente. Scioperi sempre più frequenti, che in alcune occasioni non rispettano le fasce protette e che costringono i pendolari e tutti coloro che dipendono dal trasporto pubblico a cercare soluzioni alternative, spesso utilizzando le proprie auto. E la vetustà del parco circolante in Italia, in media superiore ai 12 anni, è un tasto dolente.
scioperi e pm10 alle stelle
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Nelle ultime settimane, durante gli ennesimi scioperi del trasporto pubblico, le centraline per il monitoraggio della qualità dell'aria di Milano e Napoli hanno registrato incrementi significativi delle concentrazioni di PM10 e PM2.5 rispetto ai giorni senza agitazioni. In particolare, a Milano i valori di PM10 sono saliti oltre la soglia massima di 50 µg/m³. In particolare, il 31 ottobre le centraline hanno registrato valori compresi tra i 62 e i 49 µg/m³, rispetto ai 20-38 µg/m³ del 29 ottobre. Anche il primo novembre, sebbene si sia osservato un leggero calo, le concentrazioni sono rimaste elevate, tra i 53 e i 45 µg/m³, ben superiori rispetto ai giorni senza sciopero e comunque sopra la soglia nei rilevamenti in zone meno centrali. Situazioni analoghe sono state osservate a Napoli, con un incremento significativo delle concentrazioni di PM10, che hanno raggiunto livelli critici in aree come Napoli Via Epomeo e Torre Annunziata, e che sono rimasti elevati anche il giorno successivo.
il vero nemico
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Non è la CO2 il problema principale in questi giorni di blocchi e scioperi, ma piuttosto il PM10 e il PM2.5, agenti inquinanti capaci di penetrare nei polmoni e nel sistema cardiovascolare, causando gravi danni alla salute, soprattutto nelle persone più vulnerabili come bambini e anziani. Un dibattito più ampio e condiviso potrebbe rappresentare un passo in avanti, trovando soluzioni che siano davvero sostenibili, sia per i lavoratori sia per l'ambiente e la collettività intera.