Infermieri, fuga dalla laurea: ci sono più posti che candidati

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Sanità24

Rispetto ai 20699 disponibili, per il nuovo anno accademico 2025/26 le domande in tutto sono state 19298, con i candidati effettivi che poi si immatricoleranno che potrebbero essere, come spesso accade, anche di meno

di Marzio Bartoloni

9 settembre 2025

(Imagoeconomica)

Gli infermieri sono l'emergenza numero uno del Servizio sanitario nazionale: ne mancano almeno 70mila, molto più dei medici, e senza di loro scricchiolano i nostri ospedali e rischia di non partire mai davvero la Sanità territoriale con le nuove Case di comunità che dovranno essere riempite anche di infermieri. Ma la fuga dei giovani potrebbe aggravare ancora di più questa emorragia: ieri infatti per la prima volta si sono presentati al test di ammissione nazionale alla laurea triennale meno candidati rispetto ai posti. Rispetto ai 20699 disponibili -. tra 41 atenei pubblici e quelli privati - per il nuovo anno accademico 2025/26 le domande in tutto sono state 19298, con i candidati effettivi che poi si immatricoleranno che potrebbero essere, come spesso accade, anche di meno. Solo nei 41 atenei pubblici le domande sono passate da 19.421 a 17.215 domande su 18.918 posti, un calo dell'11% in un anno (per le private è ancora una stima). Con veri e propri crolli come a Roma dove il calo di domande è stato di oltre il 30% in un anno, ma è al Nord (in particolare Veneto, Lombardia ed Emilia) che si contano in proporzione meno candidati (con rapporti che oscillano tra 0,6-07 domande per posto), mentre al Sud, dove c'è anche lì un calo, ancora si registrano in media un numero di domande maggiore ai posti (il rapporto oscilla tra 1,1 e 2,1).

Questo sorpasso dei candidati sui posti non era mai accaduto prima ed è forse la fotografia più nitida della poca attrattività tra i giovani di una professione che è invece cruciale per la Sanità con un calo che continua da anni ma diventato ora più allarmante: solo 15 anni fa a fronte di 16.099 posti c'erano 45.806 domande (il triplo), ora non si arriva nemmeno al “pareggio”. Anche se un tampone importante a questa emorragia di studenti potrebbe arrivare dal corso di Medicina che dopo la riforma - niente più test di ingresso ma accesso libero con semestre filtro - ha visto un calo di iscritti scesi a circa 54mila di cui il 20% ha però indicato come possibile laurea alternativa proprio infermieristica, nel caso non superassero il semestre filtro per restare a Medicina. Insomma ci potrebbe essere un possibile recupero in extremis.

A mettere in fila i numeri di questa fuga dalla laurea in infermieristica è Angelo Mastrillo docente all'università di Bologna e grande esperto della materia con la sua fotografia annuale dell'accesso a tutte le professioni sanitarie - non solo infermieri ma anche fisioterapisti, tecnici, ostetriche, ecc - che ha visto quasi 58.000 studenti presentare domanda su 33.695 posti a bando, con la laurea in infermieristica tra quella che soffrono di più. L'altro dato allarmante riguarda anche gli effettivi laureati visto che in media solo il 70% arriva in fondo ai tre anni: se i laureati sono cresciuti a fronte proprio dell'aumento dei posti disponibili nei corsi - erano 8.866 a indossare la divisa di infermiere dopo la triennale a distanza di vent'anni, nel 2024, sono saliti a quota 11.404 - è pur vero che restano troppo pochi e anche se nel 2027 secondo le previsioni potrebbero superare i 14mila sono sempre numeri comunque insufficienti a colmare il turnover con gli infermieri che man mano vanno in pensione, dato stimato dall'Ordine degli infermieri (la Fnopi) attorno alle 25mila unità all'anno.

Le cause strutturali di questo calo di appeal - come ricorda la Fnopi - sono note ormai da anni: dalla mancanza di prospettive concrete di carriera alle retribuzioni inadeguate a fronte di responsabilità crescenti, dai carichi di lavoro eccessivi alle difficoltà di conciliare vita lavorativa e familiare fino allo scarso riconoscimento sociale, con limitazioni ancora forti dell'esercizio libero professionale tipico di gran parte delle professioni mediche e sanitarie. Secondo i calcoli diffusi nei giorni scorsi dal Centro studi Nursind, emerge come rispetto al valore assoluto attualizzato alle stime di rivalutazione Istat 2024 in 35 anni (dal 1990) un infermiere neo assunto abbia perso fino a 10mila euro in busta paga e un professionista con 40 anni di servizio quasi 16mila euro. Insomma una beffa, su cui si spera il Governo intervenga già nella prossima manovra di bilancio e nella recente riforma delle professioni sanitarie appena varata.

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