Tra il 2021 e il 2024 l'occupazione
femminile è cresciuta di oltre 600 mila unità, con un incremento
del tasso di occupazione che ha raggiunto il 53,3%, circa
quattro punti percentuali in più rispetto al 2021.
Parallelamente, il tasso di disoccupazione femminile ha
continuato a ridursi, attestandosi nel 2024 al 7,4%, il livello
più basso degli ultimi vent'anni.
Nonostante questi progressi significativi, il divario di
genere nel mercato del lavoro rimane evidente. Il tasso di
occupazione femminile continua, infatti, a essere nettamente
inferiore a quello maschile, che nel 2024 raggiunge il 70%,
mentre la disoccupazione femminile resta più elevata rispetto a
quella degli uomini, pari al 6,2%.
Sono queste alcune delle principali linee analizzate del
Gender Policy Report 2025 dell'Inapp redatto dal gruppo di
ricerca "Analisi di genere del mercato del lavoro e delle
politiche pubbliche" e presentato oggi all'Auditorium
dell'Istituto dell'Analisi delle Politiche Pubbliche.
Nonostante il trend di crescita dell'occupazione femminile
italiana, i margini di miglioramento non sono ancora tali da
consentire di superare i gap di genere che contraddistinguono il
nostro mercato del lavoro, anche rispetto agli standard medi
europei dove si registra un tasso di occupazione femminile pari
al 66.2%.
"Il Gender Policy Report segnala un'importante crescita
dell'occupazione femminile ma permangono forti criticità", ha
evidenziato il presidente dell'Inapp Natale Forlani. I dati
relativi al 2024 indicano una netta predominanza femminile tra i
lavoratori dipendenti a bassa retribuzione. Le donne
rappresentano il 71,3% del totale dei lavoratori a bassa
retribuzione contro il 28,7% degli uomini, confermando la
persistenza di meccanismi di differenziazione retributiva di
genere. Nello stesso anno, il 17,6% delle lavoratrici dipendenti
percepisce una retribuzione bassa, contro il 5,9% dei lavoratori
uomini - un divario di quasi 12 punti percentuali.
Le donne risultano più frequentemente impiegate in
occupazioni "disrupted" ossia maggiormente vulnerabili alla
sostituzione o trasformazione tecnologica: nei prossimi anni,
quasi un quarto delle offerte di lavoro in alcuni Paesi europei
richiederà competenze legate all'Ia.
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