Paura, angoscia, singhiozzi. Nella parrocchia della Sacra Famiglia il fragore delle esplosioni a poche centinaia di metri, pur non essendo nuovo, oggi, con l'offensiva dei tank israeliani alle porte, terrorizza più che mai.
Chi in queste ore cerca di mettersi in contatto con il compund dove sono asserragliati qualche centinaio di sfollati ormai dal 7 Ottobre di due anni fa, non riceve risposte. Oppure fa appena in tempo a sentire la voce del vice parroco, padre Iuzuf, che allarmato mette subito giù il telefono: "Non parliamo con i giornalisti!".
A parlare sono invece le immagini, tante, quelle pubblicate sui social della parrocchia da padre Gabriel Romanelli, il parroco che assieme a tutto il resto dei religiosi e delle religiose, resiste nella parrocchia e non se ne andrà neanche sotto la minaccia dei tank. Nelle foto e nei video si vedono alcuni dei fedeli, sguardo chino o quasi perso nel vuoto, sostare attoniti di fronte all'altare mentre rimbombano fortissime le esplosioni. Si sente anche un singhiozzo in lontananza, sconsolato, forse di una delle ragazzine adolescenti che hanno trovato anche loro asilo nel compound.
"Gaza. Chiesa latina. Preghiamo per la pace", scrive padre Gabriel a corredo del post più drammatico, quello in cui il fragore risuona forte accompagnato dal costante ronzio dei droni. Le speranze nella parrocchia sono al lumicino. Per dare un segnale forte, il parroco di origine argentina è costretto a pubblicare anche le immagini dei ragazzi disabili assistiti dalle suore di Madre Teresa, ma privi anche loro dal 7 Ottobre, di qualunque altra assistenza. Foto impressionanti, che immortalano giovani con gravi disabilità. Persone di cui padre Gabriel ha parlato spesso evitando però, finora, per pudore, di esporli con le immagini. Intanto, la Rete "Preti contro il genocido", costituitasi dal basso e che ha raggiunto i 500 sacerdoti, annuncia un evento per il 22 settembre.
"Partiremo da S.Andrea al Quirinale - fanno sapere nel corso di una conferenza stampa online - e arriveremo a Montecitorio, prima ci sarà una preghiera e saranno lette le storie di tanti palestinesi e pregheremo il padre nostro in arabo".
L'inziativa è stata voluta per il 22 in modo da collocarsi alla vigilia dell'assemblea delle Nazioni Unite, "per accompagnare le decisioni di chi può mettere fine a questo genocidio in atto: le nostre comunità sono stanche e frustrate, stanche di tutto questo odio".
"Perchè usiamo la parola genocidio? Noi non siamo giudici ma vogliamo utilizzare tutte le parole possibili per fermare questo massacro, vogliamo avere la libertà di usare tutte le parole per un peccato che grida vendetta al cospetto di Dio".
Video In parrocchia a Gaza mentre fuori cadono le bombe
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