Il tumore al polmone travia i macrofagi da subito

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Il tumore del polmone non si limita a nascondersi dal sistema immunitario per diffondersi senza ostacoli: lo riprogramma a suo vantaggio, trascinando dalla sua parte i macrofagi - le cellule "spazzine" - ancora prima che maturino, quando si trovano nel midollo osseo. La scoperta pubblicata su Nature fornisce elementi in più per combattere il tumore del polmone prima che abbia del tutto traviato i nostri globuli bianchi, e potenziare così le immunoterapie.

Macrofagi traditori

Il successo delle immunoterapie per la cura del carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC), che rappresenta l'85% dei casi di tumore al polmone, può essere ostacolato dai macrofagi protumorali - cellule immunitarie che anziché combattere il tumore, lo sostengono, favorendo la sua diffusione. Finora si pensava che queste cellule si "convertissero" solo una volta raggiunto il sito del tumore, ma lo studio guidato dagli scienziati dell'Icahn School of Medicine del Mount Sinai di New York, dimostra che questo processo avviene molto prima.

I macrofagi vengono riprogrammati per assistere il tumore del polmone ben prima che raggiungano l'organo respiratorio: e cioè quando si trovano nel midollo osseo e devono ancora raggiungere la maturità. Grazie a sistemi di mappatura genomica avanzata della singola cellula, gli scienziati hanno scoperto che il tumore inizia a influenzare il comportamento già delle cellule progenitrici dei macrofagi all'interno del midollo osseo.

Dopo questo primo colpo, che indirizza la funzione dei macrofagi ancora prima che si siano differenziati, arriva un secondo "gancio" ben assestato quando i macrofagi si trovano nel sito del tumore, che certifica definitivamente la loro conversione.

Interventi precoci

«Se aspettiamo di prendere di mira e riprogrammare le cellule immunitarie quando sono all'interno del tumore, potrebbe essere già troppo tardi per invertire il processo. Abbiamo bisogno di strategie per intervenire molto prima, mentre queste cellule sono ancora in fase di sviluppo, in modo da poter impedire loro di diventare alleate del cancro», dice Samarth Hegde, prima autrice dello studio.

Un possibile bersaglio su cui intervenire è una proteina che aiuta le cellule ad affrontare lo stress, la NRF2. Questa proteina appare mutata sulle cellule progenitrici dei macrofagi cooptate dal tumore e definitivamente alterata una volta che i macrofagi sono divenuti protumorali, nel sito dove è presente il cancro.

Quando gli autori dello studio hanno provato a bloccare la proteina (attraverso farmaci o con l'editing genetico) in studi preclinici sui topi e sull'uomo, si sono formati meno macrofagi protumorali e il sistema immunitario è riuscito ad attivare una risposta più decisa contro il tumore.

Inibitori della proteina NRF2 potrebbero rendere più efficaci le immunoterapie contro questa forma di tumore del polmone, secondo gli autori, che vorrebbero anche che si sviluppassero esami del sangue in grado di individuare i precursori dei macrofagi deviati, prima che questi diano origine a macrofagi protumorali. Il passo successivo sarà capire se queste stesse alterazioni genetiche siano presenti anche in altri tipi di cancro.

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