 
    reportage
Contenuto premium
La storia della Brixia, la società creata dal tecnico Casella che negli anni è diventata il centro federale di questo sport: "Tutto quello che abbiamo ottenuto ce lo siamo creato da soli". Tutto cominciò negli anni 90, gli allenatoti insegnavano anche storia e geografia, poi...
Francesco Caligaris
31 ottobre - 12:38 - MILANO
La polvere di magnesio delle Fate fa miracoli da oltre 40 anni. Trilli Campanellino è solo un tatuaggio sulle braccia di Alice e Asia D’Amato, Elisa Iorio, Martina Maggio e Giorgia Villa, ma l’isola che non c’è della ginnastica artistica femminile italiana esiste davvero e si trova a Brescia dal 1984. E a pensarci, che pazzia: 21 scudetti in Serie A1 tra il 1998 e il 2023, 12 atlete qualificate in tutte le edizioni delle Olimpiadi da Atlanta 1996 in poi, 3 medaglie olimpiche, 7 ai Mondiali e 28 agli Europei. “Tutto quello che abbiamo ottenuto ce lo siamo creato da soli – dice Enrico Casella, fondatore della Brixia e dal 2008 direttore tecnico della nazionale – E pensare che nella prima palestra non c’era neanche la buca per poter provare i salti”. Ex giocatore di rugby laureato in ingegneria nucleare, Casella ama definirsi “uno a cui piace inventare cose nuove”. Tutto in effetti è partito da lui, che all’epoca faceva l’allenatore in un’altra società della città, la Forza e Costanza. “Il primo punto di svolta – racconta – è stato nel 1990, quando abbiamo convertito in palestra l’ex piscina Delfino e abbiamo iniziato il ‘Progetto Sib’, in vigore ancora oggi”. “Sib” sta per “Sviluppo integrale Brixia” e prevede che le ginnaste svolgano due sedute di allenamento al giorno studiando tra il tardo pomeriggio e la sera, un adattamento all’italiana di ciò che avviene nei Paesi dell’est che per decenni hanno dominato questo sport.












 English (US)  ·
                        English (US)  ·