Gioca in Brasile e porta un nome… pesante: “Me l’ha dato papà dopo Usa 94. Roby è il mio idolo, sogno di ricevere un suo messaggio”
Francesco Albanesi
26 luglio - 15:03 - MILANO
Nel nord del Brasile, incastonata nella foresta amazzonica, c’è una città particolare: Macapà. Unico capoluogo di stato del Paese a non essere collegato via terra agli altri. La si può raggiungere solo in aereo o via mare. Tra le circa 500.000 persone che popolano questa città, situata nello stato di Amapá, vive una famiglia in cui il calcio è una vera e propria ragione di vita, una “sana follia” tramandata di generazione in generazione. Dentro le mura di casa dei Ribeiro Da Costa abitano un Roberto Carlos, un Roberto Caniggia, un Roberto Romario e... un Roberto Baggio. In ordine: il padre - che di mestiere fa l’idraulico -, il figlio maggiore, il più giovane e quello di mezzo. Loro tre, naturalmente, calciatori. “Nel 1994, quando il Brasile vinse il Mondiale in Usa grazie all’errore dal dischetto del ‘vostro’ Baggio, mio padre decise di chiamarmi come il Divin Codino”. La testimonianza è di Roberto Baggio Ribeiro Da Costa, 29 anni, trequartista di ruolo, numero 10 del Sao Luiz (Serie D brasiliana) e, soprattutto, rigorista doc.
Dagli undici metri come se la cava?
“Ogni volta che in allenamento provo i rigori tutti i miei compagni ridono e scherzano. La realtà dei fatti è che ho un ottimo rendimento. La pressione di tirarne uno col mio nome sulle spalle ce l’ho ugualmente, ma a 29 anni ho imparato a gestirla bene. Prima sbagliavo tanto. È più una questione mentale che tecnica”.
Quanto ha studiato il “vero” Roberto Baggio?
“Sono cresciuto guardando i suoi video su YouTube. Purtroppo, siamo di epoche diverse. La sua storia la conosco, ha avuto tanta sfortuna con gli infortuni. Ciò che più gli invidio è come si è rialzato, giocando anche coi dolori alle gambe in grandi squadre, senza far mai mancare il suo contributo. In Italia, non a caso, simpatizzo per Juventus e Milan”.
Se un domani lo incontrasse, cosa gli direbbe?
“Che è stato un giocatore molto, ma molto più grande di quel rigore sbagliato a Pasadena. È stato un idolo per voi italiani. Io lo metto sullo stesso piano di Ronaldo il Fenomeno. Loro sono la mia fonte di ispirazione. Aggiungo anche Neymar. Avrei però un sogno da esaudire...”.
Dica pure.
“Svegliarmi un giorno con un messaggio del ‘vostro’ Baggio. Magari leggerà questa intervista e saprà dell’esistenza di un suo omonimo brasiliano che gioca nel campionato di Serie D del proprio Paese”.
Cos’ha pensato quando ha capito di chiamarsi come il grande Baggio?
“Sinceramente? Non ho pensato a niente. In famiglia tutti abbiamo nomi di calciatori. Mio padre ha 61 anni, fa l’idraulico e si chiama Roberto Carlos. Per coincidenza anni dopo è nato il campione del calcio brasiliano con lo stesso nome. Mio fratello più grande, invece, si chiama Roberto Caniggia, in onore di Claudio, uno dei giocatori preferiti di papà nonostante sia stato il giustiziere del Brasile ai Mondiali di Italia 90. Infine, c’è Roberto Romario, il più giovane: papà è cresciuto guardando giocare O Baixinho nel Vasco da Gama e nell’epoca d’oro della Seleçao. Con loro sono cresciuto giocando a calcio per strada e nei campetti del nostro quartiere. Ma solo io sono riuscito a diventare professionista”.
Se siete tutti dei Roberto, come vi chiamate in famiglia tra di voi?
“Coi secondi nomi. Baggio, Romario, Caniggia e Carlos. So che può suonare strano: non so se ci sia un’altra famiglia che ha preso il nome da leggende del calcio. Forse siamo unici in questo”.
Arriviamo a lei, nato nel 1996, due anni dopo il quarto Mondiale vinto dal Brasile grazie a un rigore sbagliato passato alla storia.
“A Usa 94 mio padre rimase impressionato da Roberto Baggio, sia per il talento, sia per la sua capacità di trascinare l’Italia in finale. Penso che la scelta di chiamarmi come lui sia stata dettata molto da quell’errore dal dischetto che ci fece vincere il Mondiale”.
Sui social è diventato virale un suo video dove segna con lo scavetto.
“Sì, contro il Brasil Pelotas: inizia il secondo tempo e dopo 15 secondi controllo e faccio lo scavetto. Adesso sto giocando con il Sao Luiz nel campionato Gaucho: sono a oltre 4.000 chilometri da casa, ma ormai mi sono abituato”.