Si naviga "controvento" perché la mission, lo dicono tutti, è di quelle "impossible". Ma il centrosinistra ce la sta mettendo tutta anche in Veneto dove candida quel Giovanni Manildo che già a suo tempo ha "dimostrato di sapere vincere", come ricorda Elly Schlein, espugnando il feudo leghista di Treviso dalla guida di Giancarlo Gentilini.
Manildo e Schlein
Nonostante un freddo pungente, la piazza di Mestre (non grandissima) è piena. E dà la carica al candidato che ci crede, nonostante parta decisamente sfavorito. Ma nei derby "lo sfavorito vince", dice, dopo che già con una certa dose di scaramanzia aveva scherzato in mattinata a fianco di Matteo Renzi. "Se vinco viene Lourdes da noi", scherza con tanta autoironia il candidato "gentile e con l'umiltà dell'ascolto" su cui ha puntato il centrosinistra per il dopo Zaia. Il suo slogan, non a caso, è "dal Veneto di uno al Veneto di tutti", che mette nel mirino proprio il Doge che mai, nota Schlein dal palco, si è "opposto alle politiche del governo" anche quando non davano ascolto alle esigenze del Nord. "Ricordo a chi saltellava che l'unica cosa saltata è il Ponte sullo Stretto", dice con una punta di sarcasmo la segretaria che a fine comizio (non ce ne sarà uno unitario, anche se in regione c'è anche Giuseppe Conte) stringe mani, saluta i sostenitori e a qualcuno insegna pure come si fa bene un selfie (una delle attività in cui non manca di esibirsi la sua competitor e capo del governo, Giorgia Meloni). "Lo sai che abbiamo ricomprato la sede storica" a Roma, risponde con un certo orgoglio a un militante che si presenta come "berlingueriano", prima di tornare a scommettere su un buon risultato di Manildo e a ricordare che "il vero nemico è l'astensione".
Alberto Stefani con Giorgia Meloni
Il numero di votanti, in effetti, potrebbe aiutare ad accorciare la distanza con Alberto Stefani, quasi predestinato, oramai, a succedere a Zaia. Quante preferenze porterà a casa il "doge" e chi vincerà la sfida del primo partito in regione tutta interna al centrodestra tra Lega e FdI, restano i dati più attesi alla chiusura dei seggi lunedì prossimo. Ma certo anche il centrosinistra potrà misurare l'effetto di una coalizione larghissima, "la più ampia degli ultimi 15 anni" come la definisce Schlein, che va letta come espressione del territorio ma può anche rappresentare un altro passaggio in quella direzione "testardamente unitaria" che la segretaria continua a percorrere. Peraltro secondo Matteo Renzi sommando i risultati dell'intera tornata elettorale d'autunno - che coinvolge in tutto sei regioni oltre alla Valle d'Aosta - il centrosinistra porterà a casa "più voti del centrodestra". Un segnale, questo, che dice che, "se si resta uniti, la Meloni non vince", è sicuro l'ex premier che pure parla di uno sforzo "molto complicato" insistendo sulla necessità di mettersi "tutti assieme". Occupando anche il centro, lasciando perdere alcune battaglie ideologiche come "la patrimoniale, che fa scappare anche i nostri". Complicato, appunto. Intanto, pur senza rinunciare al "sogno dell'alternanza" in Veneto, si punta almeno di raddoppiare i consensi di cinque anni fa (fermi a un 16% scarso). E poi di guardare all'altra sfida, considerata molto più alla portata, della guida di Venezia. Si vota in primavera ma la corsa, di fatto, è già iniziata.
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21 ore fa
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