Idrosadenite suppurativa: perché è invalidante e le tutele riconosciute

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 cos'è, perché è invalidante e le tutele riconosciute

In Italia si stimano almeno 11,4 casi ogni 100mila abitanti, ma la frammentazione territoriale e l'assenza di protocolli condivisi ostacolano le diagnosi precoci

Daniele Particelli

1 luglio - 16:41 - MILANO

C’è una malattia della pelle che, pur colpendo migliaia di persone, resta ancora poco conosciuta e sottovalutata: è l'idrosadenite suppurativa (HS), una patologia infiammatoria cronica che compromette seriamente la qualità della vita di chi ne soffre. I dati disponibili ci dicono che questa patologia colpisce circa l’1% della popolazione, con una prevalenza maggiore nelle donne tra i 20 e i 40 anni. Il numero reale, però potrebbe essere molto più alto a causa della sotto-diagnosi e della scarsità di dati epidemiologici. In Italia si stimano almeno 11,4 casi ogni 100mila abitanti.

Cos'è l'Idrosadenite suppurativa

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Conosciuta anche come acne inversa, l'idrosadenite suppurativa si manifesta con la comparsa sotto la cute di noduli, ascessi e fistole spesso dolorose nelle zone del corpo più ricche di ghiandole apocrine, dalle ascelle alla zona perianale e all'inguine, andando a impattare in modo sostanziale sulla quotidianità di chi ne è colpito.

Nonostante la sua natura dolorosa, recidivante e invalidante, l'idrosadenite suppurativa non è ancora pienamente riconosciuta a livello istituzionale in Italia e la dimostrazione di ciò arriva dal fatto che solo i pazienti in stadio avanzato possono accedere ai Livelli essenziali di assistenza (Lea), mentre la patologia non è stata ancora inserita nel Piano nazionale delle cronicità (Pnc). Questo significa che molti malati non hanno diritto a esenzioni, riconoscimento dell’invalidità o tutele lavorative specifiche. Proprio per questo l'associazione pazienti Passion People, con il supporto non condizionante di Ucb Pharma, ha lanciato un appello affinché venga colmata al più presto questa mancanza.

Idrosadenite suppurativa, le tutele riconosciute

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Il percorso non è facilissimo. L'idrosadenite suppurativa è una malattia invisibile solo agli occhi di chi non la conosce. Le sue conseguenze sono pesanti in tutti gli aspetti della vita di chi ne soffre, anche sul piano lavorativo ed economico: le stime dicono che oltre il 60% dei pazienti ha difficoltà a mantenere la propria occupazione, mentre circa il 40% è costretto a ridurre o interrompere il percorso professionale.

Inserire l'idrosadenite suppurativa nel Piano nazionale delle cronicità, aggiornato nel 2024, dicono gli esperti, servirà a dare piena dignità a chi convive con una malattia che, pur non mettendo direttamente a rischio la vita, la compromette profondamente giorno dopo giorno. La recente inclusione dell’HS nei Lea per il terzo stadio rappresenta un primo passo importante, ma insufficiente secondo gli esperti: serve un riconoscimento completo della malattia in tutte le sue forme cliniche.

Gli esperti sono concordi nell'affermare che serve una presa in carico multidisciplinare, con dermatologi, psicologi, chirurghi e medici di base che lavorino in sinergia. Oggi, però, la frammentazione territoriale e l’assenza di protocolli condivisi ostacolano diagnosi precoci e cure tempestive. "L'idrosadenite suppurativa presenta sfide importanti lungo tutto il percorso di cura: diagnosi tardiva, difficoltà di accesso alle terapie e necessità di una presa in carico multidisciplinare. Serve un'organizzazione più uniforme e centrata sul paziente, per garantire continuità assistenziale, tempestività e reale integrazione tra specialisti", ha affermato Alessandro Giunta dell'Uosd Dermatologia dell'Azienda ospedaliera Policlinico Tor Vergata di Roma.

Come ha sottolineato Damiano Abeni, epidemiologo dell’Istituto dermopatico dell’Immacolata, l’accesso alle cure e alle esenzioni deve essere garantito anche nei casi iniziali, per favorire diagnosi precoci e prevenire l’aggravarsi della patologia e il suo maggiore impatto nella quotidianità di migliaia di persone in Italia.

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