I freni Brembo alla 24 Ore di Le Mans: un quarto di secolo di evoluzione

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L’ingegner Gianluca Zonca spiega come si è arrivati ai sofisticati impianti attuali, studiati per le Hypercar, le LMP2 e le LMGT3 e le differenze con quelli di Formula 1

Emilio Deleidi

14 giugno - 15:58 - LE MANS (FRANCIA)

Sessantadue auto in gara alla 24 Ore di Le Mans 2025, sessantadue auto munite di almeno un componente del sistema frenante Brembo, che con le corse di durata può vantare una lunga frequentazione. Come racconta Gianluca Zonca, responsabile Brembo per le vetture da corsa a ruote coperte (di categorie come Wec, GT, Imsa, trofei monomarca e rally), una storia di 23 presenze sul circuito francese che gli permette di avere un’ampia visione dell’evoluzione delle competizioni fin dalla sua prima partecipazione, avvenuta nel 1998. "Se mi guardo indietro - racconta - da allora molte cose sono cambiate, sulle auto, ma anche sull’approccio, per i team, per i piloti. In quegli anni, parole come ibrido, recupero dell’energia, brake-by-wire, non esistevano neppure; quello che, invece, non sono mai cambiate sono le richieste dei clienti, che credo non cambieranno mai. E che possono essere riassunte in tre parole: performance, affidabilità e durata. È ovvio pensare che in una gara di 24 ore i freni resistano per 24 ore, ma non lo si può mai dare per scontato: per ottenere un risultato simile servono ore e ore di progettazione, test, discussioni su come migliorare ogni componente, con anni di sviluppo". 

Durata infinita

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Scendendo nei dettagli, si scopre come a Le Mans, ma in generale nella gare del Wec, ci sono freni di carbonio per le Hypercar e le LMP2 e freni con dischi di ghisa per le GT3; questo ovviamente si riflette sul peso e l’introduzione del carbonio nel motorsport, avvenuta già negli Anni 80, ha permesso di fare un enorme salto di qualità nella sua riduzione, pari ad almeno 35 kg per ogni auto, che è un valore enorme se si pensa che le macchine del Wec di oggi pesano poco più di 1.000 kg e (in passato, anche meno). "A tutto questo bisogna però aggiungere che a Le Mans le vetture devono frenare approssimativamente ogni 20 secondi, fornendo sempre la massima prestazione: questo significa che in una 24 Ore “normale”, che comporta una percorrenza di circa 5.000 chilometri, si contano più di 4.000 frenate. Potete immaginare la quantità di energie e di stress per i freni… E le temperature vanno dai 300 °C del momento in cui il pilota inizia a frenare ai 700-800 che si raggiungono prima di ogni curva". Poi c’è il tema della durata dei freni in gara: sia quelli in carbonio, sia quelli in ghisa oggi possono essere usati per più della durata di una 24 Ore: "Gli sviluppi degli ultimi vent’anni consentono a Brembo di garantire il loro impiego oltre lo stretto necessario, per avere un margine di affidabilità; la loro sostituzione, un tempo inevitabile, ora avviene soltanto per esigenze particolari, per esempio perché il team ha tempo per effettuarla mentre sono in corso altre riparazioni, così da avere la vetture in perfette condizioni alla ripartenza". Prima del 1999 i team dovevano invece pianificare la sostituzione dei dischi e delle pastiglie dopo 13-14 ore di gara.

LIMITI E DIFFERENZE

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Ci sono, ovviamente, dei limiti nella progettazione dei sistemi frenanti, dettati dai regolamenti tecnici delle diverse categorie e dalla necessità di contenere i costi: materiali consentiti (il carbonio è vietato per le GT, come altri materiali che, per le pinze, non possono superare un certo livello di rigidezza), dimensioni dei dischi (al massimo 380 mm), numero dei pistoncini. Ci sono anche differenze negli impianti previsti per le Hypercar Lmh (Ferrari, Aston Martin e Toyota) e quelli destinati alle LMHd: le prime hanno la componente ibrida all’avantreno, con il recupero dell’energia che rende superflui componenti molto grandi, mentre nelle seconde l’ibrido è al retrotreno, quindi impone elementi di dimensioni maggiori (i dischi sono più spessi e le pinze più larghe). I sistemi forniti ai diversi team presentano piccole differenze tra loro, per adattarsi al meglio alle singole vetture, ma una volta omologati a inizio stagione non possono essere più modificati.

il mondo dei gran premi

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In Formula 1 le cose sono, com’è facile immaginare, molto diverse. I dischi sono più piccoli e di forme diverse, il numero dei fori di ventilazione è molto più alto (anche se inferiore rispetto al passato), le pinze sono più piccole: il loro compito è ovviamente diverso, visto che devono durare per 300 km e non 5.000. I progettisti puntano molto all’ottimizzazione del raffreddamento dei dischi e alla riduzione del peso, fino all’estremo. Inoltre, non ci sono limiti a eventuali modifiche da introdurre nel corso della stagione. Brembo fornisce nove delle dieci squadre di F.1, dando tutto il sistema a cinque team e le pinze ad altri quattro. Le soluzioni sono altamente customizzate (per esempio, nel design delle pinze, per ingombri, per necessità di ventilazione, per target di rigidezza e peso), mantenendo ovviamente una rigorosa separazione del lavoro fatto per le diverse squadre; nei laboratori Brembo si lavora già da tempo sulle monoposto 2026, che saranno molto differenti e che, quindi, avranno nuove esigenze anche sotto questo aspetto. "L’evoluzione è continua e questo comporta una ricerca incessante di soluzioni ideali per ogni team - spiega Zonca -  alcuni dei quali conoscono già le loro necessità a inizio anno, mentre altri richiedono step evolutivi nel corso del campionato: per questo, dobbiamo essere sempre pronti a rispondere con grande rapidità alle loro richieste".

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