La presidente della Fondazione “Una Nessuna Centomila”: "La collaborazione con il Giro d’Italia ci ha aiutato molto. Che emozione vedere un nostro messaggio all’Olimpico"
Giulia Minoli dal 2023 è la presidente di "Una Nessuna Centomila", la Fondazione nata per stare accanto alle donne vittime di violenza e promuovere un cambiamento culturale a livello profondo, partendo dall’educazione all’affettività da diffondere in ogni ambito, compreso quello sportivo. Dopo la spinta del concertone a Campovolo del 2022, che ha permesso di raccogliere 2 milioni di euro per i centri antiviolenza, quest’anno c’è stata una grande serata a Napoli (il 25 settembre), "particolarmente significativa perché abbiamo registrato un sold out senza annunciare gli artisti che sarebbero arrivati: è il segnale che chi è venuto lo ha fatto per la Fondazione e la causa che porta avanti. Ora vogliamo andare avanti con un lavoro sempre più radicato e ramificato in tutto il territorio nazionale, un grande sciame in un unico volo".
Di questo sciame fa parte anche lo sport.
"Certo, può favorire tantissimo un cambiamento culturale vista la straordinaria capacità di arrivare a tutte le generazioni su tutta Italia. Anche per questo abbiamo cercato la collaborazione con il Giro e il Giro Women, molto importante perché grazie alla sua capillarità sul territorio ci ha consentito di dare visibilità al lavoro dei centri antiviolenza. Lo stesso per il calcio femminile, in cui abbiamo costruito una connessione tra la squadra e il centro antiviolenza di una città. Lo sport è anche educazione e rispetto e può essere di fondamentale aiuto nella formazione dei ragazzi: i valori dello sport sono valori sani anche rispetto ai temi che noi tocchiamo, quindi fondamentali per formare adulti capaci di vivere in una società civile. Spero che l’alleanza tra noi e lo sport possa diventare sempre più strutturale e sistemica".
Dopo l’oro olimpico delle ragazze del volley a Parigi, Julio Velasco ha iniziato la conferenza stampa parlando della violenza sulle donne. Quanto sono importanti interventi del genere?
"Quando lo abbiamo sentito abbiamo esultato! Siamo rimaste davvero senza parole. Che una figura come quella di Velasco abbia deciso proprio di parlare in quel contesto di questo tema è stato importantissimo. Oggi la “rivoluzione silenziosa” di cui ha parlato il ct sta avvenendo perché la violenza, che purtroppo è sempre esistita ma che doveva restare nascosta, è emersa. Le parole di Velasco portano anche a una responsabilità collettiva e a una certa consapevolezza maschile, speriamo possano essere contagiose e che diventi un processo di sistema. Per noi sarebbe fondamentale coinvolgere uomini come lui che si sono esposti pubblicamente: li vorremmo intorno a un tavolo per guardarci negli occhi e parlare di che cosa fare insieme".
Come vede la situazione parità di genere nello sport?
"Intanto vale la pena ricordare che siamo all’87° posto nella classifica del global gender gap, quindi in un ritardo culturale e legislativo non da poco. I passi in avanti ci sono rispetto alla mobilitazione e alla consapevolezza, a livello di società civile, ora speriamo di travolgere le istituzioni. Nello sport ci sono dei segnali: a livello internazionale mi ha colpito in positivo la nomina di una donna alla presidenza del Cio, è importante che le donne riescano a raggiungere dei traguardi in categorie a loro precluse per anni. Diventano anche un’incarnazione importantissima di un immaginario per le nuove generazioni. In Italia però mi sembra ci siano solo due presidenti federali donne su 50, il percorso è ancora lungo. L’importante è che certi ruoli coperti dalle donne non siano uno specchietto per le allodole...".
Molte federazioni hanno adottato sistemi di safeguarding per tutelare le vittime di abusi e favorire le denunce in forma anonima.
"Sono strumenti necessari, se vengono fatti funzionare bene. Vanno accompagnati da tutto il lavoro della federazione che deve impegnarsi soprattutto sulla prevenzione. A noi piacerebbe molto poter approfondire quest’aspetto, entrando in contatto con i settori giovanili per diffondere l’educazione sessuo-affettiva che ancora non trova spazio nelle scuole. Anzi, giusto ieri la Commissione Cultura alla Camera ha approvato un emendamento per vietare progetti di educazione sessuale alle scuole secondarie di primo grado... È davvero anacronistico".

Ha seguito il caso abusi della ginnastica? Lì è stato utilizzato il safeguarding.
"Ho seguito la vicenda Maccarani e attendo l’esito del processo, ma mi ha colpito profondamente. Da madre di tre figlie di 14, 12 e 4 anni, trovo davvero sconvolgente scoprire che uno spazio sicuro come quello che ruota intorno allo sport in realtà sicuro non è. E mi sciocca anche la rigidità con cui vengono imposti alcuni codici, in particolare sulla privazione fisica. Credo che tutto questo debba ora fare i conti con le nuove consapevolezze che stiamo acquisendo, mi sembra si inizi a crepare un muro di omertà e impunità, anche se mi chiedo quanti casi del genere, magari con vittime meno note, ancora non sono emersi. Occorre vigilare di più".
Giulia, lei ha passioni sportive?
"Ormai mi alleno poco, giusto qualche giro in bici e belle passeggiate. Sul fronte calcistico posso dire che in Fondazione tifiamo tutte per squadre diverse. Però mi sono molto emozionata quando siamo riuscite a far proiettare sul maxischermo dell’Olimpico, prima di un derby Lazio-Roma, la scritta 'In campo per Ilaria e tutte le altre' con l’hashtag #siamotutticoinvolti. C’era da poco stato il femminicidio di Ilaria Sula e abbiamo chiesto di ricordarlo in questo modo. Anche perché, diciamoci una cosa importante, c’è ancora da fare soprattutto sul fronte maschile, il nostro obiettivo è arrivare agli spogliatoi dei campi di calcio e calcetto. Dobbiamo fare in modo che gli uomini riescano a parlare di sentimenti anche nel loro spogliatoio".