"Lo scostamento l'ho fatto mettere io in Costituzione, quella possibilità si deve al sottoscritto. Ma non deve essere la soluzione facile. Prima di prevedere spese supplementari, anche per difesa o dazi, voglio sapere dove vanno a finire quelle spese e per quale motivo le devo fare". Lo ha detto il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, in audizione sul Dfp. "Questo - ha aggiunto - è un criterio non di prudenza o di rigore, ma del buon padre di famiglia ed è il criterio con cui fin quando resto ministro continuerò a gestire il ministero dell'Economia e delle Finanze".
Confindustria, con terremoto dazi Pil 2025 a +0,3%
"Le previsioni di Confindustria sul Pil 2025 e 2026 non sono lontane da quelle del Dfp. Ma con i dazi al 20% secondo il Centro studi Confindustria la crescita del Pil sarebbe più contenuta (0,3% nel 2025 e 0,6% nel 2026). La visione complessiva è comunque in linea con quella di Confindustria". Lo ha evidenziato il direttore del Csc di Confindustria Alessandro Fontana in audizione alle commissioni bilancio riunite di Camera e Senato sul Documento di finanza pubblica, definendo le tariffe un "terremoto nelle filiere produttive globali". "L'export verso gli Usa ha dato il contributo maggiore all'aumento dell'export negli ultimi 5 anni. La decisione di Trump sui dazi è storica e comporta una profonda revisione della struttura degli scambi (cresciuti 2,6 volte in 40 anni) e della produzione a livello globale", ha spiegato. "L'export verso gli Usa attiva il 7% della produzione manifatturiera italiana (circa 90 miliardi) in modo diretto e indiretto. Gli Usa sono la prima destinazione extra-Ue di beni, servizi e Investimenti diretti esteri italiani, il secondo mercato per i beni italiani: 10,4% del totale. La manifattura - ha aggiunto - è il settore più impattato dai dazi: 99,1% dell'export di beni verso gli Usa nel 2024".
C.Conti, in Dfp indicazioni limitate, difficile valutare
Per una disamina del quadro offerto dal Dfp "manca non solo lo sviluppo programmatico (inciso dalla difficoltà di definire al momento una ricostruzione puntuale delle necessità in gioco), ma anche (e soprattutto) un dettaglio informativo determinante su diversi capitoli della politica finanziaria di breve e medio periodo: sono limitate le indicazioni sulla composizione della spesa per settori, non vi sono elementi e indicazioni adeguate sulle modifiche su cui si sta lavorando per il ridisegno del Pnrr, mancano indicazioni sulle scelte che ci si propone di assumere sul fronte della spesa per il settore della difesa. Elementi che rendono difficile valutare la tenuta del quadro complessivo e la sua coerenza con quelle che sono le priorità dell'azione di governo". Lo afferma la Corte dei Conti nella relazione presentata in audizione sul Dfp nella commissioni Bilancio di Camera e Senato.
"La necessità di procedere ad una accelerazione della spesa per gli interventi resi disponibili" con il Pnrr, "nonché l'emergere di nuove esigenze congiunturali non possono e non devono far abbandonare (o ridurre) quello che era l'obiettivo principale dello stesso Piano: contribuire alla modernizzazione del Paese rafforzandolo rispetto alle crisi cui è stato finora esposto". Lo ha detto Enrico Flaccadoro della Corte dei Conti in audizione sul Documento di finanza pubblica. Il "lavoro di selezione" degli interventi da attuare, secondo la Magistratura contabile, "diventerà ancora più importante dopo il 2026 richiedendo la focalizzazione delle risorse sugli interventi che il Piano ha consentito di avviare, ma che devono trovare nei prossimi anni lo spazio per produrre un'effettiva crescita del nostro potenziale di sviluppo".
"Per una valutazione complessiva della finanza pubblica, e della adeguatezza dell'azione che si intende intraprendere all'interno dei limiti consentiti dalla nuova governance economica europea, è di particolare rilievo lo sviluppo nel prossimo biennio del Pnrr", evidenzia la Corte dei Conti.
Sollecitando a non abbandonare o ridurre l'obiettivo del Pnrr, la Magistratura contabile cita "gli interventi per la sanità, ma anche quelli per rimuovere vincoli storici allo sviluppo in termini infrastrutturali, della rete dei trasporti, della digitalizzazione e interconnessione, dell'ammodernamento della PA e, non ultimo, per rafforzare le capacità di ricerca e innovazione del nostro tessuto economico, di cui spesso si sottolinea l'importanza a fronte delle crisi, ma di cui è urgente avviare la modifica".
"La buona tenuta della finanza pubblica che gli ultimi esercizi hanno dimostrato rafforza quella spinta a una attenta selezione degli interventi da avviare e ad una sempre maggiore valutazione costo efficacia che deve orientare l'azione del governo. Un lavoro di selezione che - sostiene la Corte - diventerà ancora più importante dopo il 2026".
Giorgetti: 'Il miglioramento dei conti è una solida base'
"Il notevole miglioramento della finanza pubblica nel 2024 descritto nel Documento che ho presentato quest'oggi rappresenta una solida base a fronte dell'incertezza delle prospettive economiche". Lo ha detto il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti in audizione sul Dfp.
"Abbiamo davanti a noi sfide sempre più complesse che richiedono prudenza, decisioni ponderate e strategie condivise a livello europeo. L'Italia - ha spiegato - continuerà ad operare in maniera credibile e saprà affrontare al meglio il difficile contesto, continuando a difendere la solidità dei suoi conti e a fornire il necessario sostegno al sistema economico e sociale".
Tutte le simulazioni contenute nel Dfp "sono basate su ipotesi più sfavorevoli e pertanto forniscono indicazioni in senso peggiorativo sulla crescita e finanza pubblica. Ciò nonostante, sembra prospettarsi uno scenario meno avverso di quello messo in conto nelle previsioni ufficiali; più favorevole in termini sia di possibile esito finale della struttura dei dazi a livello internazionale, sia di variabili esogene (quali i prezzi dell'energia e i tassi d'interesse) che condizionano la crescita. Il quadro macroeconomico è pertanto soggetto anche a rischi positivi", ha proseguito Giorgetti.
"Il sistema di monitoraggio" sul Pnrr "mostra che, a marzo 2025, è stata sostenuta una spesa totale di circa 66 miliardi. Questo importo corrisponde a circa il 34% del budget totale del Pnrr e al 54% delle risorse ricevute finora dalla Commissione europea", ha proseguito il ministro aggiungendo che "ci aspettiamo un sostanziale aumento della spesa dell'anno in corso e del prossimo, con il progressivo completamento degli investimenti e la chiusura dei numerosi cantieri aperti in tutta Italia. Riteniamo inoltre del tutto fisiologico che, indipendentemente dal conseguimento degli obiettivi e dei traguardi entro la fine del 2026, parte della spesa dovrà essere contabilizzata anche negli esercizi successivi".
"Il sistema di monitoraggio" sul Pnrr "mostra che, a marzo 2025, è stata sostenuta una spesa totale di circa 66 miliardi. Questo importo corrisponde a circa il 34% del budget totale del Pnrr e al 54% delle risorse ricevute finora dalla Commissione europea", ha detto ancora Giorgetti. "Ci aspettiamo un sostanziale aumento della spesa dell'anno in corso e del prossimo, con il progressivo completamento degli investimenti e la chiusura dei numerosi cantieri aperti in tutta Italia. Riteniamo inoltre del tutto fisiologico che, indipendentemente dal conseguimento degli obiettivi e dei traguardi entro la fine del 2026, parte della spesa dovrà essere contabilizzata anche negli esercizi successivi".
"In un contesto molto più complesso rispetto a solo pochi mesi fa, l'Italia si contraddistingue per una gestione della finanza pubblica, che permette di confermare in questo Documento gli obiettivi di spesa netta e di riduzione del deficit e del debito stabiliti nel Piano dello scorso ottobre e attestare il miglioramento dei dati relativi al 2024, acquisendo già un effetto positivo nel conto di controllo su cui tornerò a breve", ha evidenziato l'esponente del governo.
Riguardo alle spese per la difesa, "il lavoro di ricognizione secondo la metodologia Nato, effettuato con particolare scrupolo, lascia ritenere che già da quest'anno saremo in grado di raggiungere l'obiettivo del 2% del Pil assunto nel 2014".
Bankitalia: obiettivo calo debito, inserire il trend in Dfp
"Sebbene le regole europee abbiano scelto la spesa netta come indicatore di riferimento per la sorveglianza di bilancio, questa rimane solo uno strumento intermedio; l'obiettivo ultimo è la riduzione del debito. In caso di ulteriori rallentamenti della crescita o aumenti dei tassi di interesse, è possibile che l'incidenza del debito nel medio periodo risulti superiore a quanto prefigurato dal Psb, anche nel caso di un pieno rispetto della traiettoria di spesa netta".
Lo ha detto Andrea Brandolini della Banca d'Italia in audizione sul Dfp. "Sarebbe utile disporre dell'andamento previsto del debito nel medio-lungo periodo in funzione di diversi scenari macroeconomici", ha aggiunto.
"Secondo le nostre valutazioni, il Pil sarebbe aumentato anche nel primo trimestre del 2025. Il valore aggiunto sarebbe tornato a crescere nei servizi e sarebbe leggermente risalito nell'industria in senso stretto; sarebbe ancora aumentato nelle costruzioni, trainato dalla componente non residenziale", ha evidenziato Brandolini ricordando che "in Italia, il prodotto è cresciuto in misura marginale nell'ultimo trimestre dello scorso anno (0,1%), dopo il ristagno nei mesi estivi".
"Più in generale, nell'ambito della revisione della normativa nazionale di finanza pubblica, attualmente in corso, le indicazioni della Commissione europea circa il contenuto dei documenti di programmazione e monitoraggio andrebbero considerate come requisiti minimi. In quanto paese ad alto debito, siamo soggetti allo scrutinio dei mercati e delle istituzioni internazionali", ha detto Brandolini, spiegando che "la disponibilità di un ampio insieme di previsioni e analisi ufficiali su orizzonti sufficientemente estesi costituisce un punto di riferimento per l'attività parlamentare e per l'opinione pubblica, ma anche un termine di confronto per le stime che vengono prodotte da organismi internazionali (quali il Fondo monetario internazionale o la Commissione europea) e da soggetti privati".
Il recente miglioramento del rating italiano da parte di S&P "incoraggia a perseverare nelle riforme strutturali e in una politica di bilancio avveduta. Esse divengono ancora più essenziali di fronte all'incertezza causata dal deteriorarsi dei rapporti commerciali", ha aggiunto Brandolini.
A suo parere, "va affrontata con questo approccio anche la decisione di aumentare le spese militari, dettata dai recenti sviluppi geopolitici". "La prudenza nella gestione delle finanze pubbliche, affiancata al coraggio nell'attuare le riforme alle quali ci siamo impegnati, - ha aggiunto - permetterà al Paese di affrontare con minori difficoltà le importanti sfide dei prossimi anni, consentendo ulteriori miglioramenti del nostro merito di credito".
Upb: 'Informazioni del Dfp incomplete, fornisce un quadro limitato'
"Nel Dfp le informazioni in merito ai fattori sottostanti la previsione tendenziale di finanza pubblica non sono complete. Gli elementi che determinano il quadro previsivo del conto economico delle Amministrazioni pubbliche sono discussi solo a livello aggregato, senza fornire dettagli importanti per una valutazione approfondita delle dinamiche previste". Lo ha indicato la presidente dell'Upb Lilia Cavallari in audizione alle commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato sul Documento di Finanza pubblica.
"In merito alle previsioni per il 2028, inoltre, il Dfp riporta solo alcune informazioni: il deficit si attesterebbe al 2,3% del Pil, in linea con l'obiettivo del Psb, ed è previsto un leggero aumento - non quantificato - per la spesa per interessi; proseguirebbe il consolidamento dell'avanzo primario ("oltre il 2 per cento del Pil") grazie al contenimento della spesa primaria corrente e alla stabilità degli investimenti pubblici", spiega l'Upb.
Inoltre, "secondo il documento, per la conferma di alcune politiche in scadenza alla fine del 2025 sarebbero necessari 1,3 miliardi nel 2026 e 2,4 miliardi nel 2027 ma non si specifica quali siano le misure che il governo potrebbe confermare. Il quadro informativo disponibile al Parlamento e all'opinione pubblica risulta, così - evidenzia l'Upb -, limitato, rendendo poco agevole valutare pienamente gli sviluppi previsti".
L'attivazione della clausola di salvaguardia concessa dall'Ue per il rafforzamento del settore della difesa potrebbe determinare un ritardo nell'uscita dell'Italia dalla procedura per deficit eccessivi, sottolinea ancora l'Upb nella relazione presentata in audizione sul Dfp.
Nello scenario con utilizzo limitato della flessibilità, il disavanzo di bilancio rimarrebbe superiore al 3% del Pil nel 2026 e si ridurrebbe sotto tale limite solo nel 2027. Con un utilizzo più marcato, avverte ancora l'Upb, il disavanzo scenderebbe temporaneamente sotto il livello del 3% solo a partire dal 2030.
Dopo il 2031, la progressiva riduzione della componente ciclica del saldo primario, dovuta all'ipotesi di chiusura dell'output gap, e l'incremento delle spese connesse all'invecchiamento della popolazione, determinerebbero un graduale aumento del disavanzo complessivo che, a partire dal 2034, tornerebbe ad attestarsi stabilmente al di sopra della soglia del 3%.
Cavallari evidenzia infine che "lo stato di attuazione del Pnrr mostra progressi significativi ma anche ritardi che potrebbero comprometterne la piena realizzazione nei tempi dovuti".
"Dalle informazioni disponibili in ReGiS all'8 aprile 2025, emerge che è stato attivato il 95% della dotazione finanziaria complessiva e che la spesa sostenuta ammonta a 64,1 miliardi (33%), di cui 27,3 miliardi relativi a Superbonus e crediti d'imposta. Nel restante periodo di attuazione dovrà essere conseguita quasi la metà del totale delle milestone e dei target, mentre la spesa da effettuare rappresenta circa due terzi della dotazione complessiva".
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