L’azzurro, iridato a Tokyo, rilancia: "Nel 2026 proverò lo sprint. Valgo meno di 10”3 e se la staffetta chiama... La famiglia è decisiva: mamma mi allena, papà si fa in quattro per me, mia sorella Erika ha aperto la via e mio fratello Luca cura i social"
Dal nostro inviato Andrea Buongiovanni
12 ottobre - 11:31 - TRENTO
Mattia Furlani è (finalmente) a casa. Dal 17 settembre, giorno della conquista del titolo mondiale a Tokyo, c’è stato ben poco, catapultato tra una serie di prestigiose ospitate, impegni vari e una settimana di vacanze alle Mauritius con la fidanzata Giulia. Poi ieri, accompagnato da mamma-coach Khaty, per chiudere in bellezza, la terza partecipazione consecutiva al Festival dello Sport di Trento, osannato come una rockstar. Domani, a Rieti, comincerà ad allenarsi in vista della prossima stagione. Intanto, però, c’è ancora il tempo di voltarsi indietro e ripensare alle emozioni vissute.
Mattia, che anno è stato?
“Pesante, con una lunga preparazione e un sacco di gare in giro per il mondo. Ma ne vado fiero, sono felice. Mi sono tolto un sacco di soddisfazioni e sono arrivato in fondo sano: fatto non trascurabile”.
Cosa le resta della finale iridata?
“La fatica a interpretare la rincorsa, a trovare il salto quasi perfetto. Ma sapevo che non avrei potuto uscire da quella pedana senza una medaglia”. Come si riparte? “Con un briefing generale con tutto il mio staff, con una serie di test fisici e biomeccanici per capire come sto, come organizzare le prossime settimane e, quindi, in quale direzione andare”.

Introdurrete novità?
“Non tanto dal punto di vista tecnico, quanto fisico. Incrementeremo certi lavori e certi carichi: in questi anni abbiamo sempre rispettato la mia crescita biologica. Andando per gradi e prevenendo eventuali guai. Non ho mai davvero fatto lavori da atleta adulto, strutturato. È il momento di svoltare, anche se sempre con equilibrio”.
Dove può migliorare?
“Nell’avere una maggior costanza di rendimento, nel fare tutti i salti uguali. con una media molto più alta di quella di questa stagione”.
Continuerà a detestare la sabbia delle buche?
“Da ragazzino avrei voluto diventare un saltatore in alto. Poi mi hanno “costretto” a fare il lungo. Ora lo amo, ma non avete idea... Certe sere vado a letto tutto ben docciato o dopo un lungo bagno nella vasca con la schiuma. Passo un dito dietro all’orecchio ed eccoli, i granelli. È una sensazione odiosa”.

Come si fa, a 20 anni, a diventare Mattia Furlani?
“Investendo su se stessi: venendo educati da atleti, curando l’alimentazione, facendo fisioterapia, plasmando la propria corsa un po’ alla volta. Certi gesti e atteggiamenti, poi, diventano automatici”.
Quanto conta la sua famiglia in questo percorso?
“È da sempre fondamentale. Mamma a parte, Erika, mia sorella, saltatrice in alto da 1.94, ha aperto la strada al professionismo. In novembre mi renderà zio di Nicolò. Mio fratello Luca mi segue la parte mediatica. Papà Marcello ci ha aiutato tanto, si è sempre diviso in quattro e ora mi fa pure da autista... I semi piantati da tutti in anni di sacrifici danno frutti che ora stiamo raccogliendo”.
E Rieti che ruolo ha in tutto questo?
“Rieti ha sempre creduto in noi: la Studentesca Milardi ci ha ospitati, poi ha investito nel nostro progetto, trovandoci casa e scuole e aprendoci le porte del campo. È un luogo ideale”.
Resta valida l’idea di provare qualche 100?
“Mi metterò alla prova per vedere quanto posso valere: di certo sotto i 10”3, ma anche abbondantemente. Un risultato da top in Italia. E dico cose realistiche, non esagerate. Certi test parlano chiaro. Il 2026, rispetto agli anni scorsi, sarà un anno un po’ più scarico, quindi adatto a certi tentativi”.

Ha già avvisato i ragazzi della 4x100 che un posto in staffetta sarà suo?
“Non voglio saperne nulla, poi mi tocca litigare con tutti. Mi faccio gli affari miei. Ma se servirà, sarò a disposizione per il bene della Patria”.
Al Festival per lei sono arrivati video-messaggi dal primatista europeo Robert Emmiyan e da quello mondiale Mike Powell: cosa rappresentano per lei campioni del passato di tale spessore?
“Sono fonte di ispirazione, atleti che studio con attenzione per cercare di migliorarmi, persone che con quello che han fatto diventano mentori”.
Sul palco ha detto che l’8.95 di Powell è possibile e scherzando che, pur di superarlo, sarebbe disposto a vedere la Lazio vincere la Champions o la sua Roma una stagione in serie B: conferma?
“La B è una bella batosta, ma per una stagione... Si può fare: per un 8.96 mi tocca di dire di sì”.