Fioravanti attacca: "Il nuoto oggi è troppo frenetico, in tanti si perdono. Mao non durerà 20 anni"

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L'olimpionico azzurro: "Si è persa l'innocenza. Tutti pensano subito alle medaglie, ai tempi e ai record, a qualsiasi livello, dai ragazzini ai big"

Stefano Arcobelli

Giornalista

18 ottobre - 08:53 - MILANO

Il logorio del nuoto moderno? La scelta di Ariarne Titmus continua a far discutere: si può lasciare (e perché) a 25 anni appena compiuti? Sul ritiro-choc di Arnie, australiana delle meraviglie, riflette uno che sbancò ai Giochi di Sydney 2000 con due ori. E Domenico Fioravanti, primo olimpionico azzurro del nuoto, non si sarebbe ritirato nel 2003 senza i problemi di cuore. Oggi ci sono campioni che si stancano presto di vincere, forse troppo presto.

Fioravanti, come giudica la scelta della Titmus?

"Sono rimasto davvero sorpreso, e subito ho pensato al parallelismo con le nostre generazioni, che forse vivevano un nuoto leggermente spensierato. Oggi tutto viaggia in modo molto accelerato, soprattutto tra le ragazze che di solito arrivano alla ribalta prima".

I nuotatori di oggi sono diversi rispetto a quelli della sua generazione: ma in che senso?

"Ora è tutto più frenetico, eccessivo. Basti pensare che la stessa Titmus ha detto che se avesse saputo del ritiro, si sarebbe goduta di più le sue ultime gare".

Non si divertono abbastanza o cercano altro?

"L’australiana ha preso l’argento nei 200 sl ma è come se desse meno peso a quella medaglia. Sembra un nuoto diventato quasi una catena di montaggio. Qualcosa di assemblato in serie. Si godono meno anche i momenti di gloria".

Secondo lei l’allenatore della Titmus, Dean Boxall, è troppo esigente ed estremo nei metodi? E a lei e ai suoi compagni Alberto Castagnetti vi stressava?

"Alberto a Verona non ci ha mai stressato, non ci ha mai fatto pesare il dover ottenere a tutti i costi i risultati. Era paziente, indulgente in alcuni casi. E così ha vinto tutto con uomini e donne".

Se non sono i tecnici, sono i metodi, il lavoro fisico e mentale, o l’eccessiva competitività a provocare poi un rigetto prematuro da parte degli atleti?

"Prima di andare da Castagnetti io mi allenavo a Novara con Paolo Sartori e pure lui sapeva trovare i tempi giusti per farci crescere senza stress bensì in modo graduale. Ricordo un episodio...".

Quale?

"Quando avevo 14 anni, anticipavo troppo la gambata della rana, era un difetto tecnico che mi condizionava poi in gara. Ebbene, ci siamo fermati un’intera estate per correggere quel gesto tecnico. Oggi chi ferma l’atleta, chi perde un’estate intera per sistemare un problema di impostazione? Tutti vogliono subito il risultato, lo inseguono con velocità, quando invece bisognerebbe fermarsi a correggere gli errori: lo chiamo investimento per il futuro".

Ma un lavoro che non porta immagine e visibilità...

"Già, tutti pensano subito alle medaglie, ai tempi e ai record, a qualsiasi livello, dai ragazzini ai big".

Lei parlava di ragazze: Alessandra Mao è diventata campionessa italiana assoluta a 14 anni e le restano davvero tanti anni. Ma non è che si stancherà prima di diventare matura?

"Non so per quanti anni nuoterà la Mao, onestamente è impensabile che possa durare venti anni. Perché appunto è tutto troppo accelerato. E l’adolescenza dove la mettiamo? Ho l’impressione che questa fase importante, gioiosa della crescita non se la gustino più i ragazzi di oggi". 

Torniamo alla Titmus: e se il suo ritiro fosse un calcolo economico o di ricerca di maggior popolarità fuori dall’acqua, in Tv e nella comunicazione in un Paese in cui il nuoto è sport nazionale?

"Se pensi ai soldi, allora non puoi fare più la nuotatrice. Appunto".

O l’ha fatto per non macchiare l’aura di imbattuta nei 400 stile libero dal 2019 al 2024, temendo magari di perdere ai Giochi di Los Angeles dalla Ledecky o dall’emergente canadese Summer McIntosh?

"Chissà se ha pensato che la prossima Olimpiade di Los Angeles 2028 potesse essere troppo impegnativa per lei, e che non fosse disposta a perdere quella condizione. In Australia, essendo un’eroina di uno sport nazionale, avrà vissuto attenzioni e pressioni maggiori".

La Titmus, come ragazza cresciuta in un posto tranquillo come la Tasmania, non le ha volute accettare più queste pressioni?

"Cercava una vita meno frenetica?".

E dire che lei fu invece costretto al ritiro nel 2003 per l’idoneità...

"Un’esperienza questa sì difficile da affrontare e gestire".

Cosa non le torna in questa storia?

"Manca la formazione per i giovani che vincono troppo presto. Noi nuotatori, al di là di qualche eccezione, non siamo abituati ad essere catapultati in una realtà che ti offre subito fama, ricchezza. Perciò in tanti si perdono".

La Titmus ci ripenserà e magari tornerà nei Giochi dia Brisbane 2032?

"Non ho un’ottima memoria, ma di grandi ritorni vincenti alle Olimpiadi solo uno è riuscito a vincere di nuovo l’oro a distanza di anni: l’americano Anthony Ervin, a 35 anni ma nei 50".

E quindi la sua morale finale?

"Il nuoto è sport di continuità, è ben difficile ritrovare certe prestazioni e sensazioni se decidi di fermarti".

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