Festa del Cinema di Roma, Sepideh Farsi: "L'accordo di pace su Gaza è come un matrimonio forzato"

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La regista iraniana presenta alla kermesse 'Put your soul on your hand and walk': "Il boicottaggio non deve basarsi sulla nazionalità"

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16 ottobre 2025 | 18.19

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"L'accordo di pace per porre fine alla guerra a Gaza? Purtroppo non lo vedo affatto con positività perché mi sembra come se fosse un matrimonio combinato, forzato. Non si può costruire la pace in questo modo, scavalcando le persone, scavalcando le teste dei palestinesi. Sono loro i primi direttamente coinvolti". Così all'Adnkronos la regista iraniana Sepideh Farsi alla 20esima edizione della Festa del Cinema di Roma con il documentario 'Put your soul on your hand and walk' (nelle sale a novembre con Wanted Cinema). "Da un lato, gli israeliani - intendo la popolazione, non il governo - non si stanno esprimendo. Dall'altro, nessuno sta parlando con i palestinesi, nessuno gli sta chiedendo cosa provano", riflette Farsi, che sottolinea come Hamas non sia "l'unica corrente politica che rappresenta il popolo palestinese, ci sono altre figure politiche che avrebbero dovuto essere coinvolte, a partire da una voce pacificista, quella di Marwan Barghouti", uno dei leader di Fatah simbolo della prima e della seconda Intifada, attualmente in carcere. L'accordo "sembra uno schema di comunicazione o un progetto economico. Temo davvero che possa portare a nuovi morti e sfollamenti: tutto per costruire la cosiddetta Riviera", dice riferendosi al discusso progetto formulato in passato da Trump per il futuro di Gaza. "Ma voglio credere nella pace e restare ottimista. Al tempo stesso sono realista e questa pace non la vedo arrivare", dice Farsi.

La regista iraniana porta alla kermesse la storia di Fatma Hassouna, fotoreporter palestinese di 24 anni, uccisa in un attacco aereo insieme a nove membri della sua famiglia, mentre la realizzazione del film era ancora in corso. Il doc riporta fedelmente gli scambi tra le due donne nel corso di circa un anno, a partire dall'aprile 2024, e denuncia la disumanizzazione e il silenzio che troppo spesso avvolgono le vittime palestinesi, offrendo una testimonianza urgente e necessaria del genocidio visto dall'interno. "A volte bastano delle telefonate e due cellulari per fare un film, credo che la cosa più importante sia la visione", dice Farsi, che ha realizzato questo film spinta "dall'urgenza di capire cosa stesse succedendo a Gaza. Negli ultimi due anni ho visto un’escalation di orrori sotto molti aspetti: le uccisioni si sono trasformare in un genocidio e la disumanizzazione dei palestinesi. Penso che tutto ciò abbia un impatto anche qui in Europa".

'Put your soul on your hand and walk' racconta la vita a Gaza durante l'invasione militare israeliana attraverso le videochiamate tra Farsi e la fotoreporter palestinese Fatima Hassouna, che documenta o la realtà quotidiana di una popolazione assediata. Attraverso un racconto intimo e potente, il film diventa l'archivio della resistenza di Fatima, uccisa in un attacco aereo insieme a nove membri della sua famiglia, mentre la realizzazione del film era ancora in corso. Un caso che ha scosso le coscienze in tutto il mondo. "Sbagliamo a pensare che i massacri accadano solo laggiù, mentre noi viviamo tranquillamente le nostre vite qui. Non funziona così. L’umanità è una sola. Se una parte viene uccisa, anche il resto ne soffre", dichiara la regista, citando un poeta persiano Sa'di: "'I corpi umani sono tutti membra di un unico corpo'".

Sulla richiesta delle associazioni e dei collettivi per la Palestina fatta alla Festa del Cinema di Roma e a tutta la filiera del cinema italiano affinché sostengano "il boicottaggio di film, autori, registi, produttori e rappresentanze coinvolti con le istituzioni israeliane che non denuncino l’apartheid e le politiche criminali del governo israeliano. E di continuare a farlo fino a quando Israele non comincerà a rispettare il diritto internazionale", Farsi dice: "Penso che il boicottaggio sia uno strumento interessante, ma deve essere utilizzato in modo consapevole e attento. Ma non deve essere basato solo sulla nazionalità. Bisogna esaminare il messaggio del film, le fonti di finanziamento e la posizione dell'artista. Quindi, se sono a favore del genocidio e se non riconoscono lo Stato palestinese e la determinazione del popolo palestinese, allora sì, sono a favore del boicottaggio", conclude.

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