"Era timido, poi è diventato leader". Alle radici di Jashari, a cui un pianto ha cambiato la vita

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Il centrocampista inseguito dal Milan raccontato da chi l'ha visto crescere: "Da trequartista si perdeva, poi è arretrato. Si inserisce benissimo, pronto per i top club europei"

Lorenzo Cascini

12 luglio - 08:55 - MILANO

Un pomeriggio in lacrime gli ha cambiato la vita. Lo sguardo è rivolto alla bacheca, la scorre un paio di volte con occhi attenti e speranzosi, prima di arrendersi. Non c’è il suo nome. Jashari è un giovane della Primavera del Lucerna, è partito in ritiro con la prima squadra ma non ha convinto. È stato scartato e non si dà pace. È l’estate del 2020. Ardon vuole smettere, andare via o scendere di categoria. E qui entra in gioco una chiacchierata che gli cambia la carriera, merito del destino e di un signore con gli occhi vispi che crede nel suo talento. “Era disperato, aveva un offerta dalla seconda serie svizzera e voleva andare. Io lo allenavo da anni, lo convinsi a restare. ‘Datti sei mesi e sarai in prima squadra’, gli dissi”. È andata esattamente così. E ora sogna San Siro: come è cambiata la vita.

da timidino a leader

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Ardon, 23 anni a fine luglio, ha imparato che la vita, nel bene e nel male, è uno scrigno di sorprese. L’ha sperimentato sulla propria pelle, nelle parole di chi gli è stato accanto quando tutto era buio. La prima fotografia è affidata a Sandro Chieffo, una vita da factotum nel settore giovanile del Lucerna (da quest’anno è al Grasshopper) è uno che Jashari l’ha cresciuto, coccolato e tirato su quando serviva un approccio paterno. “Sapevo che sarebbe arrivato, gli servivano solo un po’ di fiducia e tempo. Quando venne scartato, effettivamente non era ancora pronto. Gli mancava uno step, una volta fatto quello è esploso. Le dico che è pronto per il Milan e per i top club europei. Al primo anno è diventato il miglior giocatore del campionato belga, può ripetersi anche in Italia”. A questo punto della chiacchierata Sandro tira fuori dallo scrigno aneddoti e ricordi in serie. Lui ha allenato Jashari per quattro anni, dai 16 ai 20. “È uno che ti stupisce per come si trasforma. Fuori è timido, schivo. Ma in campo diventa un leader, vuole responsabilità, richiama i compagni, è ovunque. E poi sa adattarsi. Sono qualità difficili da trovare in Europa in un ragazzo di 22 anni”.

venti metri

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Si può dire che a Lucerna Jashari abbia seguito la filosofia dell’arco. Più tiri indietro la freccia, più andrà lontano. Così Ardon ha scelto di fare un passo indietro, per farne poi due in avanti, passando da trequartista a mediano. Bastava arretrare di una ventina di metri. “All’inizio faceva il trequartista, era leggerino e un po' distratto - conclude Chieffo -, si perdeva per il campo. Io un giorno gli proposi ‘perché oggi non fai la mezzala?’. Lui non era convintissimo, ma mi ascoltò. Da lì in poi è cresciuto a vista d’occhio. Oggi a centrocampo può giocare ovunque: è una mezzala, ma sa fare pure il play”. A Chieffo fa da eco Sascha Stauch, allenatore della nazionale svizzera U21. Un altro che gli ha dato fiducia, stregato dal suo talento. “Devo ammettere che non lo conoscevo, me l’hanno segnalato e ho iniziato a seguirlo. Mi ha sorpreso. Ha gamba, fisicità e si inserisce benissimo. Avevo bisogno di un giocatore così”.

carattere

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Qualcuno, in passato, ne ha criticato il carattere. Da fuori può sembrare uno chiuso, che soffre la pressione. “All’inizio era un po’ così - ricorda Chieffo -, anche quando veniva in ufficio per una chiacchierata, bussava quasi con timore. Poi con il tempo è uscito fuori. E anche in mezzo al campo si è visto. Non soffrirebbe San Siro, ha imparato a gestire i grandi palcoscenici. In questo il Bruges è stata un’ottima palestra, ma ancora prima noi lo abbiamo preparato a questo”. Sul carattere si esprime anche Denis Simani, oggi difensore del Vaduz, e in passato colonna del Lucerna che accolse Jashari. “Quando entrò in spogliatoio da noi aveva forse diciott’anni, venne anche in ritiro. Ma era piccolino, stava per le sue, io però lo presi in simpatia. Ricordo che venne scartato e che quando tornò da noi era diverso. Nel giro di sei mesi divenne prima un titolarissimo e poi capitano”.

occhi

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L’ultima polaroid si riferisce agli occhi. Vispi, attenti, mai bassi. “Anche quando lo sgridavi, capiva. Sapeva che erano critiche costruttive e che lo dicevamo per lui”. Stauch se l’è portato in nazionale dopo una serie di grandi prestazioni infilate col Lucerna. “Mi sentivo spesso con il suo allenatore Mario Frick, commentavamo i suoi grandi miglioramenti fatti. È un giocatore che per fisicità e tecnica può fare la differenza a livello internazionale”. Punti a favore sono quindi duttilità e carattere. Uno che non ha paura di nulla e sa adattarsi. Come quando Chieffo gli propose di giocare più indietro, lui fece spallucce e accettò. Sia lodato quel pomeriggio, gli ha cambiato la vita. Un po’ come quelle ore passate in lacrime davanti alla bacheca. Chissà come sarebbe andata in seconda serie svizzera.

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