E-car, come sarà l'auto economica europea. Pazza idea 126

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Bruxelles vuole una nuova categoria di auto elettriche da 15.000 euro, ma non investe su batterie e si prepara forse a ripiegare subito sui motori mild hybrid di modelli datati, omologati in maniera più semplice, ma che potremmo ritrovare con sigle storiche

Gianluigi Giannetti

15 settembre 2025 (modifica alle 15:43) - MILANO

Non sono pochi i dubbi che accendono le dichiarazioni della Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen: "Vogliamo un futuro per l’auto e che le auto del futuro vengano fabbricate in Europa". Ovviamente, l’argomento che aggira con una certa furbizia è quello della nascita di una nuova categoria di vetture, le e-car, sulle quali le domande da farsi sono poco politiche e  piuttosto pratiche. Come dobbiamo considerare la “e” della sigla? Dobbiamo intendere che saranno auto elettriche? Oppure, più genericamente, che verranno fabbricate rigorosamente in Europa? La nuova categoria delle e-car permetterà di riproporre la meccanica di modelli datati sfruttando una omologazione semplificata? Dobbiamo aspettarci clamorosi ritorni, come quello della piccola Fiat 126?

parole e fatti

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L’occasione era istituzionale, la riunione del dialogo strategico sul settore automotive svoltasi il 12 settembre. Nella trascrizione a volte fin troppo veloce delle dichiarazioni ufficiali, le agenzie hanno riportato le parole del vicepresidente esecutivo della Commissione, Stéphane Séjourné: secondo quanto gli viene attribuito in un colloquio informale con i dirigenti dell'industria automobilistica europea, la nuova categoria normativa di piccole vetture dovrebbe "avere un motore elettrico". Possibile però si paghi però un parziale errore di interpretazione da parte delle fonti, rendendo perfettamente plausibile ben altro, che dunque siano vetture elettrificate, ovvero con sistema a benzina sostenuto dal mild hybrid. Del resto, ad oggi non c’è un solo documento scritto che tracci l’identikit delle e-car. Se vogliamo invece affidarci a considerazioni oggettive, le conclusioni che arrivano sono ben diverse.

ControCorrente

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L’idea stessa di una vettura europea di grandissima diffusione, ma elettrica, si scontrerebbe frontalmente con la provenienza delle batterie, in larga parte asiatica. In nessuna comunicazione ufficiale si fa riferimento poi ad eventuali finanziamenti per la nascita di nuove Gigafactory in Europa dedicate alla fabbricazione su larga scala di accumulatori Lfp litio- ferro- fosfato, gli unici che per il loro costo ridotto sarebbero utilizzabili su vetture dichiaratamente nate per essere economiche. Secondo quanto riferisce S&P Global, mentre aziende cinesi come Catl stanno aumentando la capacità produttiva di batterie Lfp in Ungheria, nessun produttore di batterie europeo ha ancora avviato la produzione di accumulatori Lfp, eccetto LG Energy e PowerCo di Volkswagen, che solo ora stanno attrezzando i loro impianti in Polonia e Germania. In termini di disponibilità generalizzata di batterie economiche, dunque, la e-car elettrica non esiste e avrà bisogno di non meno di 5 anni per decollare.

Mild e oltre

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Come se non bastasse, in un incontro stampa concesso a margine del recente salone dell’auto di Monaco, il direttore di Stellantis Europe, Jean-Philippe Imparato, aveva contemporaneamente anticipato Ursula von der Leyen e spiegato l’immagine reale che dovremo farci delle e-car: "Nella nostra idea saranno vetture benzina con sistema mild hybrid con una velocità massima non superiore ai 120 km/h". Una tecnologia che, semplicemente, già esiste. È improbabile poi che la nuova categoria di auto si veda imporre limiti alle dimensioni come accade alle Kei Car giapponesi, che non possono superare i 3,4 metri di lunghezza. Nulla vieta dunque il riutilizzo di vetture già proposte da lungo tempo sul mercato, che verrebbero riomologate in una categoria e-car con un numero di sistemi di assistenza alla guida nettamente inferiore rispetto a quelli obbligatori per le auto normali. Si tratta di un vantaggio competitivo evidente per chi fabbrica, non certo per chi acquista, e ne potrebbe beneficiare una intera categoria di modelli piuttosto datati che le logiche del mercato hanno messo o metteranno inevitabilmente ai margini. Un caso a noi vicino può essere quello dell’attuale Pandina, da considerare anche come possibile base meccanica per realizzare ulteriori modelli di e-car che recuperino nomi cari all’immaginario delle piccole auto: primo fra tutti, Fiat 126, unica sigla di questa taglia popolare rimasta negli archivi Stellantis senza essere riproposta. Fiat 126 è stata prodotta tra il 1972 e il 2000 in più di 1.350.000 unità in Italia ed in oltre 3 milioni e 318 mila vetture in Polonia. A reimmaginarla elettrica ha pensato lo studio di design Ma-De di Como nel 2020, andando ben oltre i 311 cm di lunghezza dell’originale. Cinque anni dopo, potremmo tornarne a parlarne come di una vettura mild hybrid e d'attualità.

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