Viola e nerazzurri di nuovo in campo dopo l'interruzione del 1° dicembre scorso a causa del malore che colpì Edoardo Bove. Stasera prima il gol di Carlos Augusto annullato nel primo tempo, poi si scatena la Viola (con gli uomini contati): doppietta dell'attaccante e gol di Ranieri. Palladino rientra in zona Champions
Dal nostro inviato Filippo Conticello
6 febbraio 2025 (modifica alle 22:43) - MILANO
Minuto 16, quello in cui si era fermato il cuore e la carriera di Edoardo Bove, che per fortuna è vivo, sta bene e può osservare a bordocampo la “sua” strana partita. Anzi, può correre ad abbracciare i suoi compagni in festa per un gol, non una ma tre volte: non è una favola, ma una notte che né i viola né i nerazzurri dimenticheranno. E’ un tris di schiaffi quello dato dalla Fiorentina all’Inter nella partita ricominciata da quel momento disgraziato l’1 dicembre, l’attimo in cui tutto era rimasto sospeso. Il secondo tempo di questa partita-bis è diventato un capolavoro scritto e diretto da Palladino, con un Kean mostruoso in versione Nazionale. Nello stesso tempo, però, è un naufragio impensabile dei nerazzurri campioni in carica: avrebbero dovuto prendere il Napoli in vetta una volta per tutte e, invece, hanno terminato tra gli sfottò del Franchi. Ripensando anche al derby, riacciuffato solo alla fine, c’è più di un problema per Inzaghi.
primo tempo
—
L’Inter ne cambia tre rispetto al derby, spedisce in campo lo scalpitante Bisseck, fa riposare un Dimarco raffreddato (non si è neanche riscaldato) lanciando Carlos Augusto e ripesca Frattesi al posto di Barella. La Viola, invece, è ai minimi termini, non può usare i nuovi arrivati dal mercato causa regolamento ed è limitata anche dall’influenza di Gudmundsson: 67 giorni dopo ne ha soltanto dodici e per questo improvvisa un 5-3-1-1 con Gosens e Dodo esterni bassi, Ranieri che ha la consegna ardua di marcare Thuram e Beltran in agguato dietro Kean. Si vede soltanto all’inizio una vaga voglia nerazzurra di affiancarsi a Conte, quando la squadra di Inzaghi inizia a prendere possesso della manovra: un tiro sparato da Lautaro e uno sfondamento palla al piede e testa alta di Bastoni sembrano minacce di pioggia incombente, anche se De Gea è attento come sempre. Resistendo alla sfuriata iniziale, lo spartito cambia completamente: la squadra di Palladino riesce a trovare l’assetto giusto per soffrire di meno, anzi per imbucare ripartenze pericolose. Il blocco basso paga, la ThuLa si inaridisce, la fiducia di Palladino cresce e così le occasioni più pericolose nel primo tempo azzoppato sono tutte viola. Su cross di Parisi la testata a colpo sicuro di Kean colpisce Sommer che, comunque, ci mette l’istinto, poi al 38’ Dodo si invola palla al piede per una ventina di metri e incrocia maldestramente fuori.
la ripresa
—
Nel secondo tempo l’Inter è lontana dalla sua migliore versione, sopraffatta dalla maggiore fame dei rivali: la manovra diventa ancora più lenta, il solito gioco di combinazioni non sgorga da nessuna parte. Frattesi non riesce a penetrare in area e sbaglia troppo anche in appoggio, e poi Calha non sembra ancora aver ritrovato la vecchia lucidità dopo l’infortunio: le giocate sono spesso precipitose, scontate. La Fiorentina, sorniona, prepara così il suo piccolo capolavoro e tra il 15’ e il 23’ assesta due colpi tremendi, a Inzaghi e allo scudetto: Ranieri su angolo segna sfruttando una dormita incomprensibile di Frattesi, poi Kean impatta con una testata poderosa su traversone di Dodò. Servirebbe un mezzo miracolo, altro che derby, e la preghiera di Inzaghi sta nell’anomalo tridente improvvisato con Arnautovic dentro e con l’ingresso in campo dei titolarissimi Dimarco e Barella. Niente da fare, il possesso dei campioni di Italia non è mai stato così sterile e raramente si erano viste tante ripartenze subite verso Sommer: le ondate viola si infrangono sugli scogli solo per dettagli, ma è questione di tempo. Nella disperazione, Inzaghi aggiunge pure Taremi e le punte in campo diventano addirittura quattro: alla prova dei fatti, l’accumulazione numerica non porta niente, solo tanta confusione. Il disastro è collettivo, basti pensare a come Dimarco passi la palla indietro senza un perché regalando la doppietta a Kean (i centri diventano 15 per l’ex Juve, suo record personale: qualcuno a Torino adesso si mangerà le mani). Da Napoli Conte avrà guardato con un ghigno soddisfatto: ora ha tre punti di sicurezza senza più asterischi, provare a raggiungerlo sarà l’obiettivo di un’Inter che rischia di trovarsi troppo presto spalle al muro.