Dazi, l'allarme di Buzzella: "Europa rischia di diventare un vaso di coccio"

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Il presidente di Federchimica all'Adnkronos: "Sulla manovra condivido quello che è stato detto oggi all'assemblea di Assolombarda. Innanzittutto rigore sui conti pubblici, l'Italia ha riconquistato proprio in questi ultimi anni, in qualche modo, una posizione di credibilità che va difesa. Poi ogni euro che è disponibile mettiamolo sulla crescita"

Rigore sui conti pubblici e sostegno alla crescita, ma anche attenzione ai venti protezionistici che soffiano dagli Stati Uniti. In un'intervista all'Adnkronos, il presidente di Federchimica, Francesco Buzzella, richiama la necessità di mantenere credibilità internazionale e concentrare le risorse sulla ripresa, evitando sprechi. Sul fronte estero, lancia però l’allarme sui nuovi dazi annunciati da Trump: "L’Europa rischia di diventare il vaso di coccio tra Stati Uniti e Cina", avverte, ricordando come le tensioni commerciali globali possano riversare sul Vecchio Continente le merci destinate al mercato americano.

Presidente cosa ne pensa delle prime indiscrezioni di stampa

"Sulla manovra condivido quello che è stato detto oggi all'assemblea di Assolombarda. Innanzitutto rigore sui conti pubblici, l'Italia ha riconquistato proprio in questi ultimi anni, in qualche modo, una posizione di credibilità che va difesa. Poi ogni euro che è disponibile mettiamolo sulla crescita".

Dunque binomio: conti pubblici e crescita

"Certamente. Conti pubblici, in primis, per ragioni storiche: ci stiamo riguadagnando una credibilità internazionale che ci fa abbassare lo spread, spinge i capitali verso il Paese, però evitiamo assolutamente, in qualche modo, di sperperare delle risorse. La parola d'ordine deve essere la crescita, è solo attraverso la crescita, tra l'altro, che rimettiamo a posto poi anche nel lungo termine i conti pubblici".

La crescita, però, arranca un pochino presidente. C'è l'esempio della Spagna..

"La crescita arranca sicuramente. Se vediamo i Paesi Ue, forse in questo momento quello che messo peggio è la Germania. Le economie manifatturiere - le prime sappiamo essere la Germania, l'Italia e la Francia - sono quelle che arrancano di più, quelle che sono più in difficoltà".

Le ragioni?

"Le difficoltà sono state elencate durante l'assemblea di Assolombarda. Abbiamo un tema dell'energia, in Italia in particolare abbiamo un tema di burocrazia che in qualche modo rappresenta un costo che magari in periodi floridi puoi anche sopportare. Oggi nel mondo sono tutti col coltello in bocca e quindi anche qualche laccio e lacciuolo che in passato si poteva gestire, oggi diventa invece una barriera insormontabile. Tra l'altro si tratta di riforme a costo zero, perché eliminare la burocrazia non implica aprire i portafogli e destinare denaro pubblico, ma vuol dire rivedere le norme in modo tale da semplificare la vita delle aziende".

Presidente, a proposito di coltello fra i denti, c'è la questione dei dazi. Trump ne ha annunciati di nuovi. Secondo lei si tratta di una tecnica negoziale oppure di intenzioni concrete?

"L'intenzione di Trump è molto chiara, lui vuole riportare la manifattura negli Stati Uniti, l'ha promesso anche al suo elettorato, quello che forse è stato il più danneggiato dalla globalizzazione, quindi dalla grande importazione di merci. Poi Trump, ormai un po' lo conosciamo, nel senso che all'interno di un disegno politico chiaro e strategico, lui alle volte si muove come un elefante in una cristalleria, nel senso che annuncia, ritira, poi rifà".

Lui agisce come negoziatore

"Certo, e magari un atteggiamento che a noi può sembrare discontinuo, secondo me fa parte di una strategia chiara, quello di buttare là per poi magari fare marcia indietro. Ovviamente lui è presidente degli Stati Uniti, è il primo presidente del mondo, quindi con una sua parola, l'abbiamo visto venerdì, le borse fanno meno 3, poi si corregge e le borse fanno più 3. Certamente ci vorrebbe più prudenza nell'esposizione. Quello che però l'Europa rischia di scontare maggiormente da queste politiche è anche altro".

Cioè? 

"Le nuove politiche protezionistiche di Trump portano anche al fatto che tanti prodotti che oggi vanno verso gli Stati Uniti, vengono reindirizzati magari invece verso l'Europa".

Allude alla Cina?

"La Cina è l'unico dei Paesi con una porzione di Pil legata all'export neanche confrontabile con un Paese occidentale. La Cina vive di export e per vivere chiaramente dovrà reindirizzare le merci verso altri continenti e qui rimane il rischio maggiore dell'Europa, che è un vaso di coccio tra Stati Uniti e Cina, noi siamo in mezzo e rieschiamo a pagare il conto alla fine".

Ma il Mercosur non può essere una valvola di sfogo?

"Quello può essere una valvola di sfogo, però non dimentichiamoci che uno Stato come la California ha un Pil più superiore a tutta l'America Latina, tanto per dare un confronto. Gli Stati Uniti sono difficilmente eguagliabili: i consumi sono alti, vivono anche molto di debito loro, per cui sono estremamente indebitati, però consumano e questa è l'attrattività degli Usa. Va bene stipulare accordi per altri continenti, ci mancherebbe altro, però teniamo anche presente che è difficilmente sostituibile la domanda americana, sia in termini di quantità che anche di profittabilità. (di Andrea Persili e Marco Cherubini)

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