L'ex ciclista si è spento all'età di 83 anni
18 dicembre 2025 (modifica alle 20:29) - MILANO
Giovedì 19 marzo 1970, Milano-Sanremo numero 61. È dal 1953 che un italiano non conquista la Classicissima di primavera, dalla doppietta consecutiva di Petrucci. Sembra un incantesimo destinato a non spezzarsi mai. L’anno prima, Eddy Merckx aveva centrato il terzo dei sette trionfi, sono le stagioni dei velocisti fiamminghi. E invece, sotto il sole che accompagna il gruppo dalla partenza da Milano, sbuca il bresciano Michele Dancelli. Ha la maglia della Molteni, la squadra che dall’anno successivo sarebbe stata la seconda pelle proprio di Merckx. Dancelli, bresciano di Castenedolo, ha 27 anni, e la sua è un’Impresa, un colpo da maestro. Attacca a Loano da una fuga di 17 che ha 5’ sul gruppo, vola sull’Aurelia e sul Poggio tra due ali di tifosi impazziti, e in via Roma trionfa dopo 70 km di attacco solitario con 1’39” sull’olandese Kartstens, sul belga Leman e su Zilioli. Piange, Dancelli, davanti alla tv: . L’Italia interrompe così l’incantesimo, il digiuno di 17 anni che resta, ancora adesso, il più lungo nella storia della Sanremo.
carriera
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Oggi Michele Dancelli si è spento a 83 anni in una Rsa di Castenedolo, dove era ricoverato da tempo e nei giorni scorsi aveva ricevuto l’Oscar destinato alle Vecchie Glorie. Era nato l’8 maggio 1942. Campione indomabile, dal coraggio senza fine: gli piaceva andare in fuga, attaccare ed era anche molto veloce in volata. Faceva il muratore quando in lui sbocciò l’amore per il ciclismo. La vittoria nel campionato italiano dilettanti del 1963 gli apre le porte del professionismo: passa a 21 anni con la Molteni diretta da Giorgio Albani, lo che sarebbe poi stato lo storico direttore sportivo di Merckx. Professionista dal 1963 al 1974, Dancelli ha conquistato circa ottanta vittorie nell’epoca di Merckx e De Vlaeminck, Gimondi, Adorni e Motta. È stato bronzo al Mondiale di Imola 1968 e Zolder 1969, ha vinto due volte il titolo italiano, 11 tappe al Giro d’Italia ed è stato 14 giorni in maglia rosa. Si è anche imposto in una tappa al Tour 1969 e nella Freccia Vallone del 1966. Ma quell’impresa alla Sanremo del 1970 l’ha consegnato per sempre alla leggenda del ciclismo. Vinse sulla bicicletta di Ernesto Colnago, che era il meccanico della Molteni. E quella sera, dopo il trionfo di Dancelli, in un colloquio a cena tra Colnago e Bruno Raschi, storica firma della Gazzetta, nacque il simbolo dell’Asso di fiori, che identifica ancor oggi la produzione delle bici di Colnago.
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La Gazzetta dello Sport
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