Chiesti 16 anni per l'ex senatore Giancarlo Pittelli

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 "Uomo politico, professionista, faccendiere di riferimento avendo instaurato con la 'ndrangheta uno stabile rapporto 'sinallagmatico'". È il profilo dell'avvocato ed ex senatore di Forza Italia Giancarlo Pittelli tracciato dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria che, per il professionista catanzarese, ha chiesto 16 anni di reclusione nel processo "Mala Pigna", agli sgoccioli davanti al Tribunale di Palmi. Dopo aver ricostruito l'inchiesta, al termine della requisitoria la pm Lucia Spirito ha auspicato la condanna per tutti i 26 imputati nel processo.


Difeso dagli avvocati Guido Contestabile e Francesco Gambardella, l'ex senatore - condannato in primo grado a Catanzaro a 11 anni di carcere nel processo "Rinascita-Scott" per i suoi rapporti con il boss Luigi Mancuso - era stato arrestato per concorso esterno con la 'ndrangheta nell'ottobre 2021 dai carabinieri che stavano indagando sugli esponenti di spicco della cosca Piromalli. Nell'ambito dell'indagine, la Dda ha svelato pure un traffico di rifiuti che sarebbe stato gestito dall'imprenditore Rocco Delfino, detto "u Rizzu", considerato il finanziatore e braccio economico del clan di Gioia Tauro. Per lui, il pm ha chiesto la condanna più pesante: 29 anni di reclusione per associazione mafiosa. Secondo gli inquirenti, infatti, negli anni Novanta Delfino era un mero partecipe del clan per poi diventare "capo ed organizzatore della cosca con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni delittuose da compiere e degli obiettivi da perseguire".


Dalle carte del fascicolo e dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, è emerso che Delfino avrebbe avuto "legami con ambienti della massoneria", ma anche con "esponenti infedeli delle forze di polizia e dei servizi segreti ai quali ha fornito informazioni negli anni, ottenendone in cambio favori personali ed economici". Delfino era in contatto anche con Pittelli il quale, si legge nel capo di imputazione, avrebbe garantito "la sua generale disponibilità nei confronti del sodalizio a risolvere i più svariati problemi degli associati, sfruttando le enormi potenzialità derivanti dai rapporti del medesimo con importanti esponenti delle istituzioni e della pubblica amministrazione".
Secondo gli investigatori, infatti, l'ex senatore aveva "illimitate possibilità di accesso a notizie riservate e a trattamenti di favore". Per questo, scrivono i magistrati, "fungeva da postino per conto dei capi della cosca Piromalli" per i quali "veicolava informazioni all'interno e all'esterno del carcere tra i capi della cosca detenuti in regime di 41 bis".
Adesso il processo prosegue con le arringhe difensive che dovrebbero concludersi nel giro di qualche udienza. Quindi il Tribunale si ritirerà in camera di consiglio per emettere la sentenza. 

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