Prevenzione e diagnosi precoce sono fattori chiave per il successo nel trattamento dei tumori
Giacomo Martiradonna
3 febbraio - 23:57 - MILANO
Il 4 febbraio è il Cancer day 2025, un'occasione importante per sensibilizzare l'opinione pubblica sull'importanza della prevenzione e della diagnosi precoce dei tumori, e sulle azioni concrete che possono fare la differenza. Il cancro si sviluppa quando un gruppo di cellule normali subisce mutazioni e cresce in modo incontrollato, formando una massa che, se non trattata, può diffondersi e danneggiare gli organi vitali. Un problema che va ben oltre l'aspetto clinico, e che assume una profonda dimensione umana: dietro ogni diagnosi si celano storie di dolore, coraggio, solidarietà e speranza.
Negli ultimi anni, l’attenzione si è spostata quindi dalla malattia all’approccio “people-centred”, che punta a integrare empatia e competenze scientifiche per offrire cure efficaci e personalizzate. In quest'ottica, la diagnosi tempestiva può davvero fare la differenza: individuare un tumore in fase iniziale aumenta notevolmente le probabilità di cura e riduce l’impatto delle terapie invasive. Ad esempio, se diagnosticato precocemente, il carcinoma della mammella può raggiungere un tasso di sopravvivenza a cinque anni del 99%. Nelle fasi tardive, invece, la percentuale crolla intorno al 27%. Ecco perché è fondamentale sottoporsi a controlli periodici, soprattutto con l'avanzare dell'età.
L’importanza della prevenzione del cancro
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La prevenzione costituisce il primo passo da fare per ridurre il rischio di sviluppare un tumore. Adottare uno stile di vita sano include pratiche che oramai tutti conoscono: astenersi dal fumo, limitare il più possibile il consumo di alcol, seguire una dieta bilanciata e praticare regolare attività fisica. Anche l’esposizione al sole va gestita con cautela, utilizzando creme solari protettive ed evitando lampade abbronzanti. E sul lavoro, è altrettanto importante attenersi a regole e dispositivi di sicurezza per limitare il contatto con sostanze nocive. Infine, alcune fasce di popolazione dovrebbero valutare la vaccinazione contro il papillomavirus (HPV) e l’epatite B, perché alcune infezioni croniche possono aprire la strada all’insorgenza di tumori. Prevenzione significa principalmente corretta informazione, scelte salutari e, non da ultimo, partecipazione attiva ai programmi di screening spesso offerti gratuitamente dal Servizio Sanitario.
Screening per i tumori: da che età farli
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Le campagne di screening sono mirate a individuare tempestivamente eventuali lesioni precancerose o stadi iniziali di malattia. Tra i principali test consigliati:
- Prostata: molti programmi di salute pubblica suggeriscono di iniziare con il dosaggio del PSA (Antigene Prostatico Specifico) attraverso un esame del sangue, in genere a partire dai 50 anni, con cadenza personalizzata in base ai risultati. In determinati casi è consigliabile partire dai 40 anni.
- Utero: il Pap test (o HPV test) è indicato per le donne in età fertile, di solito dai 25 anni, ad intervalli regolari.
- Mammella: la mammografia è raccomandata di norma dai 50 ai 69 anni, ogni due anni, per individuare eventuali anomalie del tessuto mammario, ma alcune Regioni hanno allargato gli screening alla fascia tra i 45 ed i 74 anni. In alcuni casi di familiarità, può essere anticipata a 40 anni.
- Colon-retto: il test del sangue occulto nelle feci o la colonscopia rappresentano strumenti utili per individuare polipi o lesioni a rischio. Di solito, si inizia intorno ai 50 anni, con intervalli variabili in base ai risultati precedenti, ma si sta discutendo dell'ipotesi di iniziare già a 45 anni.
Screening per l’Epatite C
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In molte regioni, lo screening per l’Epatite C è gratuito o fortemente agevolato, poiché i virus dell’epatite B, C e l’HPV sono tra i principali fattori infettivi associati allo sviluppo di tumori. L’Epatite C è un’infezione virale che colpisce il fegato, spesso in modo silente, con sintomi lievi o assenti per molti anni. Se non trattata, può evolvere in cirrosi e aumentare significativamente il rischio di tumore epatico. La trasmissione avviene principalmente attraverso il contatto con sangue infetto, ad esempio durante procedure mediche o tatuaggi eseguiti in condizioni non sterili. Per diagnosticare l’infezione, si effettua un prelievo venoso alla ricerca degli anticorpi anti-HCV; in caso di positività, un test di conferma (HCV-RNA) stabilisce se il virus è ancora presente nell’organismo. In tal caso, si procede con la somministrazione di farmaci antivirali di nuova generazione, che portano alla guarigione in oltre il 95% dei casi.