OpenAI non deve più conservare i dati di chi usa ChatGpt a tempo indeterminato. Un giudice federale del distretto di New York ha ribaltato una sua precedente decisione risalente a maggio. Ona T. Wang ha revocato l'ordine di conservazione imposto ad OpenAI, che era giunto a seguito di una citazione in giudizio da parte del New York Times. Secondo la testata specializzata Engadget, la startup americana aveva utilizzato i contenuti del sito, anche quelli a pagamento, per addestrare ChatGpt e rispondere alle domande degli utenti. Per questo era stata obbligata, a "conservare i dati che altrimenti sarebbero stati eliminati", si legge nella sentenza.
Ora OpenAI dovrà rendere disponibili, senza cancellarle, le informazioni memorizzate fino al 26 settembre. Su queste, il New York Times potrà basarsi per condurre le proprie ricerche di eventuale violazione del copyright. L'azienda dovrà comunque conservare i dati, in gergo 'log', degli account che il Times considererà come "rilevanti" per il procedimento.
Con una nota ufficiale dello scorso giugno, OpenAI affermava che "la richiesta del New York Times non è in linea con i nostri standard sulla privacy" ricordando come i dati richiesti venissero conservati solo per motivi legali e "non consultati o utilizzati per scopi diversi dall'adempimento degli obblighi di legge".
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