Il dibattito aperto dalla decisione
dell'Australia di vietare l'uso dei social network ai minori di
16 anni rappresenta un'occasione importante di riflessione anche
per l'Europa e per gli Stati membri dell'Unione europea. E
l'esperienza australiana darà spunti di riflessione circa le
soluzioni da percorrere rispetto all'accesso dei più giovani ai
social, se educare, con un processo che richiede del tempo,
oppure normare, o arrivare a un divieto netto come deciso da
Sidney "con una decisione coraggiosa": a sottolinearlo il
Sottosegretario all'Innovazione Alessio Butti, intervenendo al
confronto su 'Giovani e benessere emotivo tra cultura, sport e
socialità', promosso dall'Associazione Civita in collaborazione
con ANSA e dedicato ai temi del XVI Rapporto Civita "Semi di
Futuro" proprio sul benessere giovanile. "Normare è un pochino
più complicato rispetto a vietare sic et simpliciter qualcosa -
osserva Butti - e diciamo che l'occasione australiana offre un
ripensamento anche relativamente a quello che alcuni Stati
membri dell'Unione europea stanno cercando di affrontare; sotto
il profilo culturale il tema è ancora dell''age verification' di
chi accede ad un social o ad altri siti internet anche legati
all'Intelligenza artificiale "tema che impegna sotto il profilo
etico, sotto il profilo morale soprattutto chi deve poi
procedere con la legislazione cioè quindi con la normazione:
credo che debba assolutamente considerare molte delle competenze
che sono a questo tavolo, soprattutto chi si occupa degli
sviluppi della mente umana" afferma ancora il sottosegretario
all'incontro cui partecipano oltre che la Segretaria generale
dell'Associazione Civita Simonetta Giordano, lo psichiatra
Emanuele Caroppo, il Presidente dell'Istituto per il Credito
Sportivo e Culturale Beniamino Quinteri . La soluzione adottata
dall'Australia è indubbiamente "coraggiosa", ma occorrerà capire
se possa diventare un modello o se, invece, evidenzi i limiti di
un approccio esclusivamente proibizionistico. A tale riguardo
Butti introduce nel dibattito la parola "fiducia" fondamentale
nel rapporto intergenerazionale, ma anche nella relazione tra
cittadino e pubblica amministrazione digitalizzata, così come
tra l'utente e le piattaforme tecnologiche. "Se fossimo un
pochino più solidi anche nelle relazioni intergenerazionali
potremmo affrontare anche l'evoluzione tecnologica che è
assolutamente sfidante in altro modo: anche parlandone con
alcuni colleghi di governo cerchiamo di affrontare questi temi
che raccontano il nuovo modo di porsi rispetto alla tecnologia,
alla digitalizzazione ai servizi , ma anche ai cosiddetti
passatempi relativi ai social ma lo facciamo sempre con un
patema d'animo perché ci rendiamo conto che alla fine quello che
accade sui social purtroppo è uno spaccato di vita quotidiana: è
qualcosa che rappresenta culturalmente la direzione intrapresa
dalla comunità e non è sempre positiva" prosegue Butti facendo
riferimento all''hate speech'. "Sui social capita di leggere
espressioni triviali e commenti veramente incredibili, in questi
casi non è libertà di esprimersi ma licenza sfrenata, mi
riferisco ai commenti dove c'è astio, odio e questo deve farci
porre delle domande e tornare al coraggio dell'Australia. O
qualcuno comincia a convincersi che occorre trasformare
culturalmente l'esistente anche per accedere meglio alla
tecnologia, perché - ragiona il Sottosegretario - così rischia
di sfuggirci di mano, oppure bisogna normare: il primo è un
percorso molto lungo che inizia da lontano, lungo tutto il ciclo
della formazione a partire dalle famiglie, il secondo è più
breve ma ovviamente ogni decisione sviluppa un dibattito etico
serratissimo, conflittuale".
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14 ore fa
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