Si apre un nuovo fronte tra l'Italia e la Commissione europea, questa volta sul decreto del 18 aprile con cui il governo ha applicato i poteri speciali del 'golden power' all'operazione di acquisizione di Banco Bpm da parte di UniCredit. Bruxelles ha inviato all'Italia un parere preliminare in cui solleva dubbi di compatibilità con il diritto dell'Unione, aprendo a un potenziale contenzioso formale. Palazzo Chigi ha annunciato che risponderà con spirito collaborativo.
Ma la polemica politica è subito esplosa: Salvini ha attaccato la Commissione accusandola di "rompere le scatole", mentre le opposizioni han parlato di "figuraccia internazionale" chiedendo il ritiro del decreto. "Il decreto potrebbe costituire una violazione dell'articolo 21 del Regolamento Ue sulle concentrazioni e di altre disposizioni del diritto dell'Ue", ha affermatp la Commissione annunciando l'invio di una lettera a Roma su Unicredit-Banco Bpm. Il riferimento è al provvedimento con cui il Governo ha imposto specifici obblighi a UniCredit sull'operazione su Banco Bpm, già approvata da Bruxelles il 19 giugno 2025 .
"Gli Stati membri possono adottare misure per tutelare interessi legittimi come la sicurezza pubblica, ma tali misure devono essere proporzionate, motivate e compatibili con il diritto Ue", ha sottolineato la Commissione. "Abbiamo dubbi che questo decreto soddisfi effettivamente le condizioni stabilite nell'articolo 21 del regolamento" sulle fusioni, ha detto il portavoce dell'esecutivo comunitario Thomas Regnier. Da quanto trapela da fonti a Bruxelles i rilievi di Palazzo Berlaymont non andrebbero a valutare le condizioni date per approvare l'operazione ma la possibilità stessa per l'Italia di imporle, visto che la fusione è di competenza Ue (c'è anche un tema di mancata notifica preventiva).
Sul tavolo ci sono dunque le norme sulle fusioni, ma anche quelle sul libero movimento dei capitali. E se le risposte dell'Italia non saranno soddisfacenti, Bruxelles potrebbe prendere una decisione legalmente vincolante ordinando il ritiro del decreto. "Con spirito collaborativo e costruttivo risponderemo ai chiarimenti richiesti, così come già fatto in sede giurisdizionale dinanzi al Tar", ha affermato una nota ufficiale del governo. "L'Unione Europea si occupa di ciò di cui si deve occupare e questa è materia di competenza anche dell'Ue", ha affermato il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani. Il ministro delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini ha però alzato i toni: "Penso che la Ue abbia cose più importanti delle quali occuparsi, come trattare con gli Usa - ha affermato -. Invece di rompere le scatole su balneari, spiagge, motorini, auto elettriche e banche, si occupi di poche cose serie e lo faccia bene. Il sistema bancario è un asset strategico per il Paese, l'Italia può e deve normare come ritiene, senza che da Bruxelles nessuno si permetta di intervenire".
Dura l'opposizione: E' "una sconfitta su tutta la linea, in particolare per il ministro Giorgetti. Il governo farebbe bene a ritirare il golden power", ha affermato Antonio Misiani del Pd. E' "un'altra figuraccia internazionale del governo Meloni", secondo Gaetano Pedullà (M5S). La palla passa ora all'Italia, che sarebbe orientata a prendersi tutto il tempo a disposizione per rispondere, 20 giorni. I tasselli della partita includono i valori in Borsa (+5,2% il Banco, +0,5% Unicredit), l'esame degli effetti della sentenza del Tar e il conto alla rovescia sulla scadenza dell'Ops (23 luglio) in una partita che prosegue ormai da settimane. E' nell'ordine delle cose che Unicredit riunisca un Cda per decidere il da farsi, ma non sarebbe già stato convocato. Non va dimenticato infine che sul golden power è aperto anche un altro fronte con Bruxelles: la Commissione ha avviato anche la procedura informale dell' 'Eu Pilot' sulla legge e il Mef ha già risposto. Il rischio ora è che venga aperta una procedura di infrazione all'Italia.
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